Fatture con nomi falsi, scatta la bancarotta fraudolenta per l’amministratore
Risponde di bancarotta fraudolenta documentale l’amministratore della srl fallita che ha annotato fatture non rispondenti al vero rispetto ai reali soggetti tra i quali sono effettivamente intervenute le operazioni commerciali documentate. Lo ha affermato la Cassazione nella sentenza n. 48765 del 24 ottobre .
All’amministratore unico di una srl è stato addebitato (anche) il reato di bancarotta fraudolenta documentale (articolo 216, comma 1, n.2, legge fallimentare) per avere tenuto le scritture contabili della società fallita in modo da non consentirne la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, avendo annotato fatture (ricevute ed emesse) a fronte di operazioni soggettivamente inesistenti (articoli 2 e 8, dlgs n.74/2000 ). Condannato in secondo grado, l’uomo ha proposto ricorso per cassazione e la Corte lo ha respinto.
In particolare, per i reati tributari (dichiarati prescritti), i giudici di legittimità hanno dato atto che, nonostante vi fossero state effettive forniture di prodotti informatici da ditte estere verso utilizzatori finali italiani, i rapporti commerciali tra venditore e acquirente erano dissimulati dall’interposizione di una “cartiera”. Nella fattispecie esaminata, quindi, la srl facente capo all’imputato operava, da un lato, apparendo reale acquirente mentre altri soggetti giuridici si interponevano verso il cedente estero (in modo da utilizzare le fatture di comodo emesse dagli interposti), e, dall’altro, emettendo fatture con addebito Iva, dopo avere acquistato direttamente il bene dal fornitore straniero (così consentendo a terzi, con l’identico meccanismo, di lucrare un indebito diritto alla detrazione d’imposta). Nonostante tali operazioni fossero registrate nei libri contabili con modalità formalmente regolari, la Cassazione ha evidenziato che, nella sostanza, invece, una tale contabilità aveva determinato non poche difficoltà nella ricostruzione del patrimonio sociale ex articolo 216, legge fallimentare; difficoltà superate dagli organi della procedura concorsuale solo con particolare diligenza (Cassazione, n. 45174/15). Il curatore, infatti, aveva dovuto basarsi sia sulle verifiche compiute dalla GdF, sia sugli esiti della consulenza tecnica chiesta dal pm. Inoltre, poiché l’amministratore ben sapeva di annotare fatture non rispondenti al vero rispetto ai reali soggetti giuridici tra i quali erano intervenute le operazioni commerciali, risultava anche integrato, sul piano soggettivo, il dolo generico, necessario per la configurabilità del delitto di bancarotta documentale.
La sentenza n.48765/17 della Cassazione