Controlli e liti

Finanziamenti a medio-lungo termine, imposta sostitutiva non solo per le banche

di Angelo Busani

L’imposta sostitutiva per i finanziamenti a medio-lungo termine (dovuta, di regola, con l’aliquota dello 0,25% dell’importo finanziato) può essere applicata anche a prestiti concessi da intermediari finanziari diversi dalle banche: lo affermano ora anche le Sezioni unite della Cassazione ( sentenza 19106/2018 ) prendendo atto della dichiarazione di incostituzionalità resa dalla Consulta con sentenza 242 del 20 novembre 2017 (si veda Il Quotidiano del Fisco del 21 novembre scorso ).

La questione di costituzionalità riguardava la previsione dell’articolo 15 del Dpr 601/1973 nella parte in cui limitava l’applicabilità dell’imposta sostitutiva ai finanziamenti a medio-lungo termine concessi dalle sole banche. Le stesse sezioni unite avevano rimesso gli atti alla Corte costituzionale (ordinanza 11373 del 3 giugno 2015) e la sentenza 19106 viene ora emessa in ossequio alla pronuncia di incostituzionalità.

La contrarietà alla Costituzione è stata rilevata per due ragioni: da un lato, perché la limitazione di questa agevolazione al solo credito bancario provoca una ingiustificata disparità di trattamento, contraria al principio di uguaglianza contenuto nell’articolo 3 della Costituzione, tra i finanziamenti concessi dalle banche e quelli erogati da altri operatori del mercato finanziario; d’altro lato perché il beneficio fiscale concesso ai soli finanziamenti bancari provoca, a favore delle banche, una distorsione della concorrenza, con ciò violando il principio di libertà di iniziativa economica tutelato nell’articolo 41 della Costituzione.

La questione affrontata dalla Consulta ha radici assai lontane. La negazione dell’agevolazione fiscale ai finanziamenti erogati da soggetti non bancari è stata continuativamente affermata, ad esempio nella risoluzione 250466/1976 e poi nella risoluzione 310694/1990 e nella nota numero IV-8-375 del 1994 del ministero delle Finanze (conseguente alle note del Tesoro 949656/40 del 1993 e 3464 del 1994). Successivamente, l’amministrazione finanziaria ha ripetuto il medesimo concetto nella risoluzione 61/E del 2002, e nella 5/T del 2003, 131/E del 2003 e 137/E del 2007.

Marmoreo pure l’orientamento negativo della giurisprudenza, ove in una pluralità di casi si è costantemente negato l’accesso all’agevolazione per i finanziamenti erogati da soggetti del mercato finanziario diversi dalle banche: il principio è stato affermato, ad esempio, nelle sentenze della commissione tributaria centrale 931/1982, 2638/1996, 3920/1998, 4327/2002 e 1954/2005 e nelle sentenze di Cassazione 6183/1984, 3454/1986 e 9 marzo 2011 numero 5570.

Un’inversione di tendenza pareva esser stata segnata dalla sentenza (seppur depositata due soli giorni dopo la sentenza 5570/2011) della Cassazione numero 5845 dell’11 marzo 2011, secondo la quale l’imposta sostitutiva si rendeva applicabile alle operazioni poste in essere da intermediari finanziari iscritti nell’elenco della Banca d’Italia e ciò in quanto «nel contesto dell’attività di concessione di finanziamento… il TU bancario ha previsto la piena equiparazione tra banche e intermediari finanziari». Il giudice di legittimità però ben presto era tornato nel solco del suo orientamento “tradizionale” con la decisione 6234 del 20 aprile 2012, ove è stato sancito che l’imposta sostitutiva non è applicabile «ad operazioni poste in essere da intermediari finanziari, che…non esercitano la funzione creditizia».

Cassazione, sentenza 19106/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©