Fisco a due velocità sugli interessi
Dal 15 maggio gli interessi di mora scenderanno dal 4,13% annuo al 3,50% annuo. La nuova misura è stata fissata da un provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, del 4 aprile 2017, in attesa di pubblicazione sulla «Gazzetta ufficiale».Il nuovo tasso annuale è dovuto da chi paga in ritardo le somme chieste con le cartelle di pagamento che, così, diventeranno più “leggere”.
Il provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate è previsto dall'articolo 30 del decreto sulla riscossione, Dpr 29 settembre 1973, n. 602. Esso stabilisce che, decorso inutilmente il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella, sulle somme iscritte a ruolo si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con riguardo alla media dei tassi bancari attivi.In tema di interessi, va segnalato che non è stata mai fissata una misura unica per i versamenti e per i rimborsi. Purtroppo, nonostante i vari annunci, si è ancora in attesa di un allineamento per evitare che i tassi di interesse applicati dal Fisco su quanto gli è dovuto siano sensibilmente più alti di quelli riconosciuti al contribuente in caso di rimborso. In verità, si sarebbe dovuto mettere la parola “fine” su queste disparità, con il Fisco che fa la parte del leone, che riconosce poco e pretende almeno il doppio. Infatti, se il contribuente deve avere il rimborso, l'interesse riconosciuto dal Fisco per il ritardo è, di norma, il 2% annuo, mentre se il contribuente versa dopo la scadenza, l'interesse che deve pagare è il doppio. Inoltre, scatta pure la sanzione del 30%, riducibile al 15% se il contribuente paga entro 90 giorni, mentre nessuna sanzione è prevista a carico del Fisco, anche se esegue i rimborsi in ritardo.
Inoltre, quando il contribuente chiede dei rimborsi, in alcuni casi sorgono dei problemi, per la ragione che, prima di eseguirli, il Fisco vuole vederci chiaro ed effettua dei controlli. Il risultato è che, in certi casi, chi ha chiesto il rimborso si è “pentito” di averlo fatto, perché, dopo il controllo, oltre ad avere avuto un diniego parziale o totale, ha pagato più di quanto aveva chiesto a rimborso.
La disparità doveva essere eliminata da un decreto che si sarebbe dovuto approvare nel mese di gennaio del 2016. Si tratta del decreto previsto dall'articolo 13 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159, in vigore dal 22 ottobre 2015.
Il decreto che doveva fissare una misura unica di interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo doveva essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 159/2015, cioè entro il 20 gennaio 2016. Per il momento, visto che il decreto tarda ad arrivare, continuano ad essere applicate le misure vigenti in tema di interessi, che sono di diversa misura e, di norma, favoriscono il Fisco, penalizzando i contribuenti.
Ad esempio, per le somme dovute dai contribuenti che pagano a rate le imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali dei redditi, dell'Iva e dell'Irap, gli interessi sono dovuti nella misura dello 0,33% mensile, cioè pari al 4% annuo. Invece, per le somme dovute da chi, aderendo alla definizione agevolata, la rottamazione cartelle, sceglie di pagare a rate, sulle rate successive alla prima, in scadenza nel mese di luglio 2017, sono dovuti gli interessi del 4,5% annuo, da calcolare dal 1° agosto 2017.