FISCO E SENTENZE/Le pronunce di Milano: transfer pricing, compensazione spese e interessi infragruppo
Nel transfer pricing il valore di mercato va provato dal contribuente. Costi per operazioni oggettivamente inesistenti indeducibili. Da esplicitare le ragioni che inducono il giudice a compensare le spese. Applicazione della ritenuta su pagamenti di interessi infragruppo solo sulla base di indizi qualificati. Sono questi i temi della rassegna delle principali pronunce della Ctr Lombardia e Ctp Milano.
Nel transfer pricing il valore di mercato va provato dal contribuente
Come ricordato dai giudici nell’incipit iniziale, il cosiddetto “transfer pricing” costituisce, dal lato economic,o una alterazione delle condizioni di libera concorrenza. In altre parole, ciò significa che transazioni tra società appartenenti ad uno stesso gruppo, ma con sedi in paesi diversi, avvengono per prezzi che non hanno corrispondenza con quelli praticati in regime di libero mercato.
Il contenzioso, nel caso di specie, è riferito all’anno 2014, con applicazione quindi delle disposizioni TP in vigore a quell’epoca. Richiamando recenti sentenze di Cassazione, i giudici precisano come la normativa sul TP non integri una disciplina antielusiva, in senso proprio, poiché (a differenza di altre norme specificamente elusive) non prevede che l’Amministrazione Finanziaria debba provare l’esistenza di un concreto vantaggio fiscale da parte del contribuente. La Commissione lombarda, quindi, arriva alla conclusione secondo cui è onere del contribuente dimostrare che le transazioni operate siano state effettuate a prezzi “di mercato”.
Sentenza Ctp Milano n. 1473/2019
Costi per operazioni oggettivamente inesistenti indeducibili
Con la sentenza in epigrafe, la Commissione tributaria ha respinto le doglianze del contribuente, il quale aveva impugnato l’avviso di accertamento relativo a costi per operazioni inesistenti ripresi a tassazione per gli anni dal 2011 al 2013.
Con riguardo all’accusa (formulata dall’Ufficio) i giudici milanesi riprendono i dettami della Corte di Cassazione, ed in particolare la sentenza n.6229/2013, secondo la quale qualora l’amministrazione contesti indebite detrazioni di iva e deduzione di costi fatturati, fornendo elementi, anche semplicemente presuntivi, purché oggettivi, atti ad asseverare l’emissione di fatture in assenza di corrispondente prestazione, è onere del contribuente, che rivendichi la legittimità della deduzione degli esborsi fatturati e quella della detrazione dell’Iva correlativamente indicata, fornire la prova dell’effettiva esistenza delle operazioni.
Seguendo quanto formulato dalla Cassazione, la Commissione analizza in prima battuta le presunzioni fornite dalla pubblica amministrazione. Esse risultano – nel caso di specie – adeguate e sufficienti, in quanto basate sulla ricostruzione operata dai verbalizzanti in sede di Pvc (che il ricorrente ha conosciuto nel dettaglio, e da cui sono pedissequamente scaturiti proprio gli Avvisi qui impugnati), in quanto specificano l’iter logico-giuridico che ha portato l’ufficio a ritenere le operazioni oggettivamente inesistenti.
A fronte di dette presunzioni, il contribuente risulta aver opposto una giustificazione insufficiente. In pratica il ricorrente ha contestato l’indeducibilità delle fatture accertata dall’ufficio, solo sforzandosi di spiegare, ma non documentando alcunché. La Commissione quindi, sulla base delle considerazioni suesposte, ha confermato l’indeducibilità dei costi ripresi a tassazione.
Sentenza Ctp Milano n. 1479/2019
Da esplicitare le ragioni che inducono il giudice a compensare le spese
La sentenza in commento, seguendo il criterio della “ragione più liquida”, affronta sostanzialmente il tema delle spese di lite e ne rappresenta una puntuale trattazione, utile dal punto di vista dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’argomento.
Essa è l’epilogo di un contenzioso che il contribuente porta avanti fino alla Corte di Cassazione, contestando la compensazione delle spese.
Rinviato il giudizio nuovamente alla Commissione tributaria regionale, esso si conclude, ancora una volta, con le spese compensate, ma la “novità”, in questa sentenza, consiste nella “valida motivazione”. Infatti, partendo dal precetto dell’articolo 111 della Costituzione, in conformità ai canoni del “giusto processo” e della ”effettività della difesa”, tenendo conto anche del modificato art. 92 cpc, la Commissione tributaria regionale dichiara assolutamente necessaria l’esplicitazione di quelle ragioni giuridiche, di equità o anche di convenienza, che inducono il giudice alla scelta compensativa, a fronte di un quadro normativo che impone di gravare il soccombente e che prevede esclusivamente deroghe espresse per evitare il mero arbitrio.
Oltre alla fattispecie della soccombenza reciproca, la novità delle questioni trattate, il mutamento dell’orientamento giurisprudenziale e altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, costituiscono, in ossequio ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza, valide motivazioni per la compensazione delle spese di giudizio.
Sentenza Ctr Lombardia n. 1516/2019
Interessi infragruppo, ritenuta solo sulla base di indizi qualificati
Con la sentenza in epigrafe, la Commissione tributaria regionale respinge l’appello dell’ufficio e conferma la decisione di primo grado affermando – nel caso di specie – l’inesistenza dell’obbligo di versamento di ritenute d’acconto su pagamenti di interessi infragruppo da parte della società appellata.
Secondo l’Ufficio, infatti, tali pagamenti pur se formalmente effettuati dall’appellata “A- Spa” alla società creditrice “B-SpA” (formale titolare del credito) in esenzione di ritenuta d’acconto, avrebbero trovato come effettivo beneficiario (in quanto titolare del credito) la società estera “C-Ltd” soggetto verso il quale – in assenza dei requisiti di cui all’art.26 quater Dpr 600/73 – avrebbe dovuto invece operare la ritenuta d’acconto.
Dalla lettura dei testi negoziali, emergerebbe invece, secondo i giudici dell’appello, che le motivazioni addotte dall’ufficio non sarebbero basate su indizi sufficienti a ritenere la cessione del credito tra “B-SpA” e “C-Ltd” un negozio simulato, dissimulante un mero mandato d’incasso da “C-Ltd” a “B-SpA”.
In particolare, la facoltà di disporre unilateralmente dei termini di adempimento di una propria obbligazione (di pagamento del corrispettivo per la cessione) non è apparso indizio sufficiente a ritenere la citata cessione di credito un negozio simulato, dissimulante un mero mandato all’incasso in favore di “C-Ltd”: analogamente, l’assenza di struttura organizzativa in capo a quest’ultima non appare dirimente, attesa la natura eminentemente finanziaria della società.
Sentenza Ctr Lombardia n. 1443/2019
Hanno collaborato Angela Maria Vairo e Domenico Crosti.