Imposte

Forfettari, l’obbligo di fattura elettronica dal 1° luglio scatta oltre i 25mila euro

In Cdm la Lega ottiene l’esclusione fino al 2024 dalla fatturazione elettronica di circa 800mila micro partite Iva. Per chi non accetta i pagamenti con il Pos sanzioni dal 30 giugno

di Marco Mobili e Giovanni Parente

Stop agli esoneri dall’obbligo di fattura elettronica, ma non per tutti. L’ipotesi iniziale di estendere l’e-fattura a tutte le partite incluse quelle in regime di flat tax si è scontrata con le richieste avanzate in Consiglio dei ministri dalla Lega, e in particolare dal capo delegazione dei ministri del Carroccio, Giancarlo Giorgetti: escludere fino al 2024 dal nuovo obbligo digitale le micro partite Iva con ricavi o compensi fino a 25mila euro. Mal contati si tratta di circa 800 contribuenti Iva tra ditte, autonomi e professionisti che per altri due anni potranno utilizzare il regime forfettario con la fattura solo “cartacea”.

Nel pacchetto anti evasione inserito nella bozza del nuovo decreto Pnrr ha trovato posto anche l’anticipo al 30 giugno della doppia sanzione per chi non accetta i pagamenti con il Pos. Inoltre, come sottolineato dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, debutta il portale unico del sommerso. Dalla bozza entrata in Cdm sembra rinviato ad altra data il rilancio della lotteria degli scontrini con vincite istantanee.

Il filo rosso con la Ue accompagna, dunque, l’estensione (già più volte annunciata) della fattura elettronica anche ai forfettari. Va detto comunque che una quota degli interessati ha già iniziato in modo facoltativo ad emettere il documento in formato elettronico attraverso il sistema di interscambio (Sdi) delle Entrate. Prima di fare questo passo, l’Esecutivo ha chiesto e poi ottenuto dal Consiglio dell’Unione europea il via libera per eliminare le “aree di esenzione” finora previste.

La variabile temporale farà la differenza. Nelle intenzioni dell’Esecutivo, infatti, l’estensione dell’obbligo scatterà dal 1° luglio, “spaccando” a metà il 2022 che sarà quindi contraddistinto da fatture cartacee e fatture elettroniche. Anche per questo non è del tutto esclusa a priori un’ulteriore riflessione in fase di limatura finale del decreto, spostando il debutto al 2023.

In ogni caso, secondo la bozza, viene previsto un regime transitorio (anche se molto limitato) in relazione ai primi documenti da emettere. Solo per il terzo trimestre 2022 (ossia da luglio a settembre) non scatteranno sanzioni se la fattura elettronica sarà emessa entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. Dopo questi primi tre mesi, anche per i nuovi obbligati scatterà la tagliola dei 12 giorni per l’emissione della fattura immediata (discorso diverso per quella differita da emettere entro il giorno 15 del mese successivo ma è vincolata a una serie di requisiti).

L’ipotesi di fondo è comunque quella di chiudere il cerchio con la disponibilità dei dati, anche se resta ancora la finestra fino al 2024 per le micro partite Iva. Oltre ai contribuenti forfettari, infatti, l’obbligo dell’e-fattura debutta anche per le associazioni sportive dilettantistiche e per gli enti del Terzo settore con proventi da attività commerciali fino a 65mila euro. In questo modo l’amministrazione finanziaria disporrebbe di tutte, o quasi, le operazioni B2B e B2C (ossia quelle verso privati) e, almeno secondo le intenzioni, avrebbe più possibilità di individuare i possibili buchi neri dell’evasione con consenso, la forma più insidiosa perché si realizza quando chi acquista un bene o servizio acconsente che il venditore o il prestatore non documenti nulla al fisco.

Dall’altro lato, c’è una prospettiva di semplificazione legata alla precompilata Iva. Non tanto per chi è in Flat Tax, perché non ha l’obbligo della dichiarazione o della liquidazione periodica, ma per i circa 2 milioni di attività economiche per cui è partita la sperimentazione. Con i dati “completi” della fatturazione elettronica le Entrate sarebbero in grado di mettere a disposizione delle bozze più attendibili, riducendo quindi la necessità di apportare modifiche da parte dei diretti interessati.

Ritornando al contrasto al sommerso, il decreto Pnrr punta ad anticipare le sanzioni per il Pos. La decorrenza non sarà dal 1° gennaio 2023 ma dal 30 giugno 2022. Da quel giorno commercianti, esercenti e professionisti che non accetteranno i pagamenti con carta elettronica da parte dei loro clienti sono potenzialmente esposti al rischio di una sanzione amministrativa pecuniaria di 30 euro aumentata del 4% del valore della transazione. Una misura dal valore soprattutto simbolico per spingere i pagamenti digitali e ridurre contestualmente quelli in contante (per cui il limite è stato “ristabilito” per tutto il 2022 a 1.999,99 euro dalla conversione del Milleproroghe non senza frizioni nella maggioranza), anche perché resta difficile immaginare che un cliente perda tempo (e risorse) a denunciare un pagamento negato con moneta elettronica.

Nella logica di mettere a sistema le informazioni, il decreto Pnrr prevede anche un terzo “pilastro” nella strategia antievasione (e non solo). Per combattere il fenomeno del lavoro nero viene infatti istituito un portale nazionale del sommerso (Pns) che sarà gestito dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Al suo interno confluiranno tutte le risultanze dell’attività di vigilanza svolta dall’Ispettorato nazionale del lavoro, dal personale ispettivo dell’Inps, dell’Inail, della Guardia di Finanza e dei Carabinieri in relazione appunto alle violazioni sul lavoro sommerso. Ma non solo, perché entreranno anche le informazioni su verbali, provvedimenti emessi ed eventuali contenziosi connessi. In questo modo verranno sostituite e integrate le singole banche dati con cui Ispettorato, Inps e Inail condividono gli esiti degli accertamenti effettuati. In un’ottica di semplificare e rendere più immediatamente disponibili i dati per programmare in modo più coordinato le ispezioni.

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