Contabilità

Fondi d’investimento con contratti dettagliati

di Marco Piazza

I contratti fra le banche depositarie dei fondi comuni d’investimento e le relative società di gestione dovranno indicare dettagliatamente i corrispettivi per i vari servizi resi. Lo ha stabilito la risoluzione 26/E/2018 di ieri.

Fino all’entrata in vigore del Dlgs 71/ 2016, le banche depositarie seguivano la prassi di fatturare con Iva i servizi di custodia titoli e in esenzione da Iva un corrispettivo indistinto relativo a tutte le altre attività svolte dalla banca depositaria.

Ma, in seguito alla sentenza della Corte di giustizia C-169/04 è risultato che una di queste ultime attività (quella «di controllo e sorveglianza») è soggetta ad Iva, fermo restando che le altre (calcolo del valore della quota, tenuta dei conti di liquidità, gestione del registro dei partecipanti, assistenza Amministrativa) sono esenti da Iva. L’Amministrazione finanziaria ha, quindi, cominciato a pretendere che – in mancanza di un dettaglio sulla composizione dei servizi ‒ l’intero compenso pagato alla banca depositaria fosse assoggettato ad Iva.

Per chiudere i conseguente contenzioso, la risoluzione 97/E del 2013 ha stabilito (con effetto retroattivo) che la quota di compenso corrispondente all’attività di controllo e sorveglianza (soggetto ad Iva) sia pari al 28,3% del compenso complessivo.

Il metodo (inusuale) ha avuto il pregio di risolvere il contenzioso, ma è apparso poco pratico “a regime”, perché la composizione dei servizi resi è diversa di caso in caso.

Il difetto dei metodo è emerso in modo palese quando il decreto legislativo 71 del 2016 ha imposto alle banche depositarie di individuare in fattura “separatamente” l’eventuale compenso per il calcolo del valore della quota (che è esente da Iva) rispetto ai compensi per le altre attività.

Il sistema si è orientato a ritenere che la percentuale del 28,3% potesse ancora essere ragionevolmente applicata per determinare la quota imponibile dei servizi residui (anche se, matematicamente, non sarebbe così), anche perché, secondo le associazioni di categoria, la media calcolata nella risoluzione 97/E del 2013 era comunque più alta di quella effettiva.

Opportunamente, è stato, però, presentato un quesito alla Direzione Centrale in modo da evitare, come in passato, il formarsi di precedenti ingestibili.

La risposta dell’Agenzia è nel senso che nel nuovo contesto normativo, la percentuale di imponibilità del 28,3% non sia più adeguata a quantificare le attività imponibili a Iva rispetto al totale della attività prestate indistintamente dalle banche depositarie.E si è evitato di stabilire una nuova percentuale. Gli operatori, quindi, devono adeguare le convenzioni già esistenti e le nuove convenzioni in modo da dare distinta evidenza ai corrispettivi pattuiti per i vari servizi resi dalla banca depositaria, identificando in modo specifico i diversi servizi e il regime Iva a cui gli stessi debbono essere assoggettati.

Viene anche sancito che, considerata l’oggettiva incertezza della norma, non saranno applicate sanzioni per il 2017.

Agenzia delle Entrate, risoluzione 26/E

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