Finanza

Fondo di investimento gestito da Cdp per assicurare risorse alle imprese

I criteri di accesso e la modalità degli interventi dovranno essere stabiliti da un decreto del Mef

di Carlo Felice Giampaolino

Nel corso e ricorso del rapporto pubblico-privato, il “Patrimonio Rilancio” è uno strumento nuovo. Il suo archetipo è quello del fondo di investimento gestito da un gestore, Cdp, e non è quello delle partecipazioni statali di maggioranza, con holding e subholding. Per questa ragione, e soprattutto a caldo, in presenza di un articolo di legge più lungo del presente contributo, si possono individuare solo alcuni spunti di riflessione.

Prima di qualche dettaglio, tre temi generali. Per comprendere l'intervento, si diceva, occorre assimilare il Patrimonio Rilancio a una sorta di fondo di investimento, rispetto al quale Cdp ha il ruolo di gestore professionale delle risorse (pubbliche e quindi regolate da un successivo provvedimento del ministero dell’Economia e finanze). Il Patrimonio Rilancio è separato rispetto a Cdp e rispetto al risparmio postale, può essere articolato in comparti, a loro volta separati, e può usare leva finanziaria per compiere investimenti.

Il secondo tema generale è il tempo. L'orizzonte è 12 anni per l'intero Patrimonio ma l'intervento si inserisce nel “Temporary Framework” approvato dalla Commissione europea e aggiornato di recente, in tema di aiuti di stato. Questo determina l'allentamento temporaneo alle regole sugli aiuti di stato in risposta all'emergenza sanitaria causata dal Covid-19. Da ciò anche il richiamo alla sostenibilità, che Cdp ha considerato nel proprio Piano industriale e che la Commissione indica, pure presente nella disposizione in esame.

Il terzo tema è che il decreto del ministero dell’Economia deve tenere in considerazione il valore “sociale” dell'impresa, con riferimento allo sviluppo tecnologico, alle infrastrutture e alle filiere produttive strategiche, alla sostenibilità ambientale e alle altre finalità di cui al comma 86 della legge 160 del 2019 (al netto di un refuso nel disposto legislativo) e, dulcis in fundo, alla rete logistica, dei rifornimenti e ai livelli occupazionali.

Nel dettaglio, i seguenti punti sono quelli qualificanti.

In primo luogo, la dotazione è effettuata per mezzo di “apporti” del ministero dell’Economia e finanze. A fronte di tali apporti sono emessi da Cdp strumenti finanziari di partecipazione, la cui remunerazione è condizionata all'andamento economico del patrimonio destinato. La prima dotazione è prevista in 44 miliardi di euro di titoli di stato appositamente emessi.

In secondo luogo, gli interventi avranno ad oggetto società per azioni (e cooperative) aventi sede in Italia, anche con azioni quotate, non operanti nel settore bancario o assicurativo e che presentino un fatturato superiore a 50 milioni, con il rinvio a decreto del ministero che individuerà i requisiti di accesso, le condizioni, i criteri e le modalità degli interventi.

Sulla qualità degli interventi l'articolo 27 del Dl Rilancio prende una posizione (politicamente) flessibile. Il punto più interessante è che, in via “preferenziale”, gli interventi avvengano tramite prestiti obbligazionari convertibili, partecipazioni ad aumento di capitale o acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche. Mentre l'esclusione dall'acquisto di azioni quotate in caso di offerta pubblica può essere considerata nella pratica assorbita dalla facoltà di partecipare ad aumenti di capitale, la menzione dei prestiti obbligazionari convertibili segnala che è preferita una partecipazione in qualità di socio-investitore, attuale o potenziale, e che è residuale, ma non vietata, la sottoscrizione di titoli obbligazionari tout court. Si tratta di un tema fortemente politico sulla funzione dello Stato nell'assicurare risorse alle imprese, e l'opzione prescelta è quella di una assunzione di influenza, in presenza di una sopportazione di rischio. Diversamente da altri interventi non è prevista (almeno oggi) l'assunzione di cariche nelle società.

L'indicazione non è tassativa ma esprime essenzialmente una direttiva per il decreto del ministero dell’Economia e finanze, che potrà risolvere la questione o in senso di discrezionalità lasciata al gestore rispetto allo strumento finanziario, oppure tracciare le condizioni di investimento nelle obbligazioni non convertibili.

In quarto luogo, il Patrimonio Rilancio può raccogliere il risparmio tramite l'emissione di titoli obbligazionari ed altri strumenti finanziari di debito, la cui disciplina imita, pur rendendola inapplicabile, quella delle obbligazioni.

Infine, si chiarisce, ad evitare che il gestore sia chiamato a intervenire su società in crisi strutturale, che le operazioni di ristrutturazione sono ammesse a condizione della esistenza di temporanei squilibri patrimoniali e finanziari, e solo per società caratterizzate da adeguate prospettive di redditività. Nei fatti ciò dovrebbe limitare le pressioni sul gestore verso la partecipazione ad iniziative che non siano validabili ex ante come funzionali al superamento della crisi d'impresa ed alla redditività dell'investimento. La norma sembra a protezione della professionalità del gestore e alla fine dello stesso investitore Mef.

In conclusione, il Patrimonio Rilancio si risolve in un investimento di risorse pubbliche, inserito nel Temporary Framework della Commissione europea, ed effettuato utilizzando l'expertise in equity e in debito di Cdp, Questa assume un ruolo di “gestore” anche per filtrare l'intervento che diversamente somiglierebbe a quello dello Stato “imprenditore” o “interventista” in campo economico per assimilarlo a quello di un “investitore”, con rendimenti da raggiungere.

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