Professione

Forfettari, slalom tra i requisiti per ottenere gli aiuti anti Covid

Per il contributo a fondo perduto contano le fatture emesse anche se non incassate

ADOBESTOCK

di Ernesto Gatto e Giorgio Gavelli

Forfettari alla ricerca di una chiave interpretativa per inquadrare correttamente i requisiti di accesso ai vari benefici attivati nela fase di crisi. I decreti emergenziali di questi mesi hanno introdotto diverse forme di sostegno per imprese e professionisti, ricorrendo ad un’ampia varietà di strumenti: crediti d’imposta, contributi a fondo perduto e indennità.
Tuttavia le norme sono state “pensate” (e scritte) avendo a riferimento contribuenti con una contabilità strutturata, ma non certo soggetti che svolgono l’attività in regimi supersemplificati anche per quanto attiene agli adempimenti contabili, come accade per i forfettari. I quali, invece, rappresentano una percentuale rilevante delle partite Iva e, presumibilmente, una quota ancora maggiore di coloro che, per dimensioni, possono accedere ai vari benefici. Per questo, le disposizioni avrebbero dovuto essere formulate anche con riferimento a loro, se non altro perché le gravissime sanzioni poste a carico di chi sbaglia avrebbero richiesto maggiori attenzioni in fase esplicativa.

1. Contributo a fondo perduto. È disciplinato dall’articolo 25 del Dl Rilancio. Sul mancato superamento del limite dimensionale dei 5 milioni di euro c’è poco da dire, viste le caratteristiche del regime, ma il riferimento della circolare n. 15/E/2020 ai righi da LM22 a LM27 (colonna 3) del modello Redditi 2020 serve almeno a fugare ogni dubbio sulla spettanza del contributo a questi contribuenti. Per verificare l’ulteriore requisito del calo di fatturato, il contribuente forfettario dovrà considerare le fatture emesse (sia in formato cartaceo che, eventualmente, elettronico) nel corso dei due mesi posti a raffronto (aprile 2020 su aprile 2019) e ciò indipendentemente dall’avvenuto incasso, totale o parziale, delle stesse, ricordando che per questi soggetti la distinzione tra «netto Iva» e «lordo Iva» (dilemma risolto dalla circolare in favore della prima soluzione) non ha significato. Tuttavia, pare corretto comunque riferirsi alle fatture emesse e non ai ricavi/compensi che presuppongono l'incasso.

2. Indennità di mille euro. La questione si complica con riferimento all’articolo 84, comma 2, del Dl n. 34/2020, ossia all’indennità di euro prevista per il mese di maggio a favore dei liberi professionisti, titolari di partita Iva, iscritti alla gestione separata Inps non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che abbiano subito una riduzione di almeno il 33% del reddito del secondo bimestre 2020, rispetto al reddito del secondo bimestre 2019. La disposizione stabilisce che «il reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese effettivamente sostenute nel periodo interessato e nell’esercizio dell’attività, comprese le eventuali quote di ammortamento». Ne deriva un certo smarrimento per i contribuenti forfettari, i quali, a nostro avviso, devono comunque - a dispetto del testo - fare i calcoli per determinare il reddito dei due bimestri da porre a raffronto rispettando le disposizioni previste dall’articolo 1, comma 64 della legge 190/2014, e cioè applicando ai compensi percepiti il coefficiente di redditività previsto dall’allegato 4 alla stessa legge.Per il contribuente che si dovesse trovare in regimi diversi nei due anni presi a raffronto (in un anno forfettario e nell’altro semplificato), si ritiene che la determinazione del reddito debba avvenire in armonia con il regime in cui egli ha rispettivamente operato nel 2019 e 2020, pur se il confronto avverrà con dati tra loro non omogenei.

3. Reddito da ultima istanza. La stessa impostazione vale per il contributo “da ultima istanza” per i professionisti ordinistici (articolo 78 del Dl Rilancio), che ora fa riferimento al «reddito professionale» e non più al «reddito complessivo».

4. Crediti d’imposta. Per quanto attiene ai vari crediti d’imposta, il primo dubbio da sciogliere riguardava la loro spettanza o meno a questi soggetti, poiché i costi destinati a essere reintegrati sono dedotti forfettariamente e non analiticamente. La perplessità è stata risolta in senso positivo dalla circolare n. 14/E/2020 per il bonus locazioni, con una interpretazione che può essere estesa anche agli altri crediti d’imposta (adeguamento ambienti, sanificazione): in fondo conta aver “sostenuto” le spese, non il criterio con cui vengono dedotte. Ove sia indispensabile requisito di accesso, il calo di fatturato si calcolerà nei vari mesi con gli stessi criteri già visti per il contributo a fondo perduto.

IL PROBLEMA

1. I forfettari

Una delle caratteristiche principali del regime forfettario consiste nella deduzione dei costi non in modo analitico, ma indirettamente, applicando cioé appositi coefficienti di redditività – distinti per settori di attività – all’ammontare dei ricavi o compensi incassati nel periodo. Ogni volta che si introducono nuovi istituti, quindi, occorre riflettere sulla loro compatibilità con un regime così particolare, che ha semplificazioni anche a livello contabile.

2. Gli aiuti anti-Covid

Le forme di sostegno a favore di imprese e professionisti hanno assunto le forme più disparate. I requisiti di accesso fanno riferimento di volta in volta a parametri variegati (calo di fatturato, ammontare dei compensi, reddito professionale) che spesso mal si conciliano con le modalità applicative del forfettario.

3. La soluzione

Dall’esame della normativa e dai primi documenti di prassi emerge che i forfettari non vedono precluso alcun beneficio. Nel calcolare l’importo spettante, devono far riferimento ai meccanismi propri del loro regime, trascurando riferimenti non pertinenti, ad esempio quello agli ammortamenti.

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