Controlli e liti

Fornitura inesistente, la deducibilità del costo non salva il recupero Iva

Per i giudici la società non ha dimostrato la propria estraneità alla frode altrui

ADOBESTOCK

di Massimo Sirri e Riccardo Zavatta

Non regge il vaglio dei giudici d’appello il tentativo delle Entrate di far dichiarare l’indeducibilità di costi per operazioni oggettivamente inesistenti di fornitura di materiale edile da parte di un soggetto privo di struttura imprenditoriale, la cui deduzione è stata invece ammessa in primo grado in base a considerazioni di diritto (in verità non molto convincenti) relative alla portata dell’articolo 8, Dl 16/2012 (costi da reato). Ma è rigettato anche l’appello incidentale della società accertata, la quale reclamava la legittimità della detrazione dell’Iva addebitata sulle fatture contestate. Le plurime deduzioni difensive della contribuente sono, infatti, accolte solo con riguardo al comparto dell’imposizione diretta (ai fini Ires e Irap). Ne deriva, però, la declaratoria d’indetraibilità dell’Iva. E ciò, perché i documenti in esame, in base a quanto emerge dalla sentenza 6200/6/2021 della Ctr Campania (presidente Iandolo, relatore D’Isa), non sono riconducibili a operazioni oggettivamente inesistenti, bensì a fatture soggettivamente false.

Sono queste le conclusioni del collegio in seguito all’esame del vasto materiale probatorio prodotto in giudizio e, in special modo, della perizia tecnica giurata esibita dalla società, dalla quale si evince il collegamento diretto fra i materiali edili acquistati dalla presunta cartiera e le opere eseguite dalla società stessa. Trattandosi di costi effettivi, dotati dei requisiti di certezza e inerenza, la loro deduzione non può pertanto essere messa in discussione.

Per quanto riguarda la detrazione dell’Iva, invece, per la Ctr rileva la buona fede del contribuente: lo sgravio è ammesso solo se il committente non sapeva e non poteva sapere di partecipare a una frode. Le risultanze emerse in giudizio e gli elementi indiziari relativi al fornitore (assenza di dipendenti e collaboratori, mancanza di documentazione contabile, indisponibilità di veicoli per il trasporto del materiale), inducono i giudici a ritenere che le forniture siano state in realtà eseguite «da altro operatore economico interposto». Pertanto, sulla scorta della giurisprudenza della Cassazione (sentenza 8132/2011, con richiami alle sentenze della Corte di giustizia Ue), non avendo dimostrato la propria estraneità alla frode altrui, l’operatore non è autorizzato a detrarre l’Iva sulle fatture controverse.

Nonostante le conclusioni s’inseriscano in un quadro interpretativo consolidato, non vanno tuttavia dimenticate le più recenti indicazioni della stessa Cassazione, la quale (ordinanza 22969/2021) pare assegnare «alla mera fittizietà del fornitore» una minor valenza in termini di «prova della consapevolezza dell’evasione» da parte del destinatario della fattura.

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