Imposte

Fotovoltaico in agricoltura: rileva l’energia prodotta

Per la tassazione agevolata non basta la prevalenza sui soli ricavi da cessione

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di Alessandro Borgoglio

I ricavi derivanti dalla cessione di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, come i pannelli fotovoltaici, concorrono alla determinazione del reddito d’impresa se l’imprenditore agricolo non dimostra che l’attività di produzione di energia è connessa a quella principale agricola. Non è infatti rilevante, a tal fine, il volume d’affari conseguito dalla sola vendita di energia, dovendosi considerare invece il volume di produzione. Lo ha stabilito la Ctr della Lombardia, con la sentenza 4845/24/2019 (presidente Sacchi, relatore Chiametti).

Il problema della corretta qualificazione dei ricavi derivanti dalla produzione e cessione di energia rileva ai fini della tassazione del relativo reddito, dal momento che:
se si tratta di reddito d’impresa, si applicano le ordinarie regole di determinazione previste dal Tuir;
se si tratta di reddito da attività connessa, si può applicare il ben più favorevole regime forfettario di tassazione del reddito agrario.

L’agenzia delle Entrate, già con la circolare 32/E del 2009, aveva chiarito che la produzione di energia fotovoltaica derivante dai primi 200 kW di potenza nominale complessiva si considera in ogni caso connessa all’attività agricola, mentre quella eccedente può essere considerata connessa all’attività agricola nel caso sussista uno dei seguenti requisiti.

1.La produzione di energia fotovoltaica deve derivare da impianti realizzati su strutture aziendali esistenti.

2. Il volume d’affari derivante dall’attività agricola (esclusa la produzione di energia fotovoltaica) deve essere superiore al volume d’affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 kW.

3. Per ogni 10 kW di potenza installata l’imprenditore deve dimostrare di detenere almeno un ettaro di terreno utilizzato per l’attività agricola.

L’impianto sul tetto
Nel caso oggetto della sentenza della Ctr Lombardia, il contribuente aveva eccepito, innanzitutto, che l’energia prodotta eccedente i 200 kW derivava in effetti da pannelli fotovoltaici installati sopra i tetti dei fabbricati rurali relativi all’azienda agricola, per cui avrebbe avuto diritto alla tassazione agraria.

I giudici regionali, però, hanno rilevato che, a fronte di tale affermazione, non era stato esibito in giudizio alcun documento comprovante la circostanza (il progetto redatto da un ingegnere era stato solo citato dal contribuente, né erano state prodotte immagini dell’edificio).

Il calcolo della prevalenza
Inoltre, il contribuente sosteneva l’accessorietà dell’attività di cessione di energia elettrica a quella agricola, ma secondo i giudici non aveva fornito - neppure qui - i documenti necessari a dimostrarlo. Si legge testualmente nella pronuncia che «le scritture allegate non sono in grado di dimostrare inoppugnabilmente la tesi della società».

I giudici hanno tra l’altro osservato che dai documenti esibiti si poteva desumere soltanto l'ammontare dei ricavi derivanti dalla cessione di tale energia, e non dalla sua produzione, dovendosi includere in quest'ultima, oltre che l'energia venduta, anche quella auto consumata per l'attività agricola. Anche perché fatture e registri Iva erano stati esibiti dal contribuente solo in appello e, perciò, ritenuti inammissibili dai giudici.

Altri giudici di merito hanno stabilito che non può considerarsi attività agricola connessa la produzione e la cessione di energia elettrica derivante da un impianto fotovoltaico, qualora la coltivazione da parte dell'imprenditore agricolo non sia preesistente alla costruzione dell'impianto fotovoltaico (Ctp Reggio Emilia, sentenza 92/2/2018).

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