Imposte

Nel decreto Lavoro fringe benefit fino a 3mila euro. Due binari nel lavoro dipendente

La misura solo per chi ha figli a carico complica la gestione delle imprese. La differenza tra lavoratori ha implicazioni sull’uguaglianza

Fringe benefit da riordinare per assicurare maggiore equità nel sostegno ai lavoratori e alle proprie famiglie e per garantire più stabilità al paniere dei beni e servizi agevolabili. Una necessità che emerge anche a seguito dei vari interventi che nell’ultimo periodo hanno interessato i citati benefit che si confermano come lo strumento più gettonato dai datori di lavori per contribuire al welfare dei dipendenti.

Anche per il 2023, confermata la soglia di esenzione di 3.000 euro annui per i fringe benefit, incluse le somme anticipate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas. A prevederlo è l’articolo 40 del decreto legge 48/2023 (decreto Lavoro), attualmente in fase di conversione al Senato, che tuttavia presenta delle importanti novità che non sembrano del tutto coerenti con gli obiettivi di crescita demografica e sostegno alla genitorialità.

A differenza di quanto previsto nello scorso esercizio, infatti, è stato ristretto l’ambito soggettivo, riservando il nuovo regime ai soli dipendenti con figli a carico, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati. Questo, dunque, il nuovo requisito per accedere al maggior beneficio che potrà però essere utilizzato oltre che per esigenze del lavoratore anche per quelle del coniuge e dei familiari, anche non a carico. La norma, infatti, derogando esclusivamente all’articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo, del Tuir, lascia valide le regole ordinarie in materia di fringe benefit.

Resta da chiarire come distribuire il beneficio nel caso in cui i figli siano a carico di entrambi i genitori e con quale proporzione. Infatti, non è del tutto pacifico se, nel caso di due coniugi lavoratori, la soglia di esenzione possa essere considerata autonomamente o se la stessa debba essere computata una sola volta, ossia nell’ammontare complessivo di 3.000 euro. Stesse problematiche in caso di separazione legale o divorzio nonché di affidamento congiunto dei figli.

Per tutti i dipendenti che non integrano i nuovi requisiti lo scenario che si presenta è poco incoraggiante. In assenza di figli a carico resta ferma l’esenzione per i soli beni e servizi assegnati dal datore di lavoro nel limite annuo di 258,23 euro, cui si aggiunge l’impossibilità di utilizzo del benefit per il pagamento delle bollette. Il decreto Lavoro ha finito, insomma, con il generare un vero e proprio doppio binario nell’ambito delle regole di determinazione del reddito di lavoro dipendente, provocando una disparità di trattamento all’interno della medesima categoria reddituale.

A ben vedere, il principale obiettivo della misura fiscale è di sostenere il rincaro dei prezzi al consumo e delle utenze domestiche. Rincari che possono colpire qualsiasi tipologia di lavoratore, pensiamo alle coppie più giovani senza figli o i single che non possono contare sulla presenza di un secondo percettore di reddito. Senza contare le famiglie che pur non avendo più fiscalmente a carico i propri figli ne sostengono le spese e i costi legati ad istruzione o avviamento al lavoro.

Sul punto, si auspica un intervento correttivo in sede di conversione del decreto legge al fine di consentire un sostegno più ampio ai lavoratori, includendo, anche per coloro che non accedono al maggior plafond di 3mila euro, la possibilità di utilizzare le somme a disposizione per il pagamento delle utenze.

Tuttavia al di là dello specifico intervento normativo limitato al 2023 occorrerà tenere conto della necessità di riorganizzare la materia dei fringe benefit in modo strutturale.

Su questo la riforma fiscale contiene delle indicazioni di massima che potranno costituire la base per operare finalmente una revisione organica di questi diffusi strumenti di welfare a partire dall’innalzamento della soglia di esenzione, ferma a 258,23 euro anche a seguito della “traduzione” in euro delle vecchie 500mila lire. A questo si aggiunga la possibilità di rendere strutturale la fruizione dei benefit per utenze e costi legati al consumo di energia.

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