Frodi Iva, stretta su fatture e benzina
Gira e rigira, si parte sempre dallo stesso punto. Per ridurre l’evasione nel mirino finisce prima di tutto l’Iva e il contrasto alle frodi. Così anche la manovra 2018, sia per la componente legata al decreto fiscale già in vigore sia per il disegno di legge di bilancio, si inserisce nel solco tracciato dagli interventi legislativi degli ultimi anni. Ne è una prova l’ulteriore estensione dello split payment a enti pubblici economici, fondazioni e società che siano partecipate da pubbliche amministrazioni per una percentuale complessiva non inferiore al 70 per cento. Un sistema che, di fatto, toglie la disponibilità dell’Iva ai fornitori dei soggetti pubblici e non solo (visto che sono ricomprese anche le quotate) interessati, in quanto sono questi ultimi poi a versare l’imposta all’Erario.
Il meccanismo punta a ridurre l’ Iva da omesso versamento, che secondo gli ultimi dati disponibili (quelli della relazione sull’evasione fiscale e contributiva allegata alla nota di aggiornamento al Def dello scorso settembre) ammonta a 8,4 miliardi e corrisponde a quasi un quarto del tax gap complessivo Iva registrato nel 2015 (34,7 miliardi).
Per aggredire, invece, l’Iva non dichiarata oppure “occultata” anche attraverso il ricorso alle frodi, il Ddl di bilancio gioca la carta della fatturazione elettronica obbligatoria tra i privati, per la quale l’Italia ha chiesto una deroga alla Commissione Ue. Una macchina tutta da rodare (considerati anche i problemi tecnici che hanno accompagnato il primo invio dei dati del nuovo spesometro) e che dovrebbe consentire al Fisco di passare al setaccio proprio le fatture che verranno trasmesse attraverso l’autostrada telematica del sistema di interscambio (Sdi). Anche se, accanto all’evasione da sottofatturazione, non si può dimenticare il filone ben più difficile da scoprire rappresentato dall’omessa fatturazione (il cosiddetto nero totale).
L’e-fattura obbligatoria tra privati sarà sperimentata nei subappalti pubblici e nel settore dei carburanti, prima di essere estesa dal 2019 a tutte le transazioni tra operatori economici. Proprio nel settore dei carburanti la manovra cerca di snidare e recuperare risorse dalle frodi su Iva e accise. Oltre che con l’e-fattura da luglio del 2018, lo fa anche con regole molto più stringenti per vincolare il versamento delle imposte all’uscita dai depositi.
Il pacchetto antievasione (insieme anche al rinvio dell’Iri e alla nuova tassazione delle partecipazioni societarie) contribuirà «in larga misura» alle maggiori entrate del Ddl manovra, che il dossier del Servizio bilancio di Camera e Senato diffuso ieri sera calcola in 10,7 miliardi nel 2018, 9,1 miliardi nel 2019 e 8,1 miliardi nel 2020. Il documento, che offre una prima “promozione” dei conteggi governativi sui saldi, pesa in 26,4 miliardi il valore lordo della manovra presentata in Parlamento (in termini di impieghi, mentre sull’indebitamento netto si conferma l’effetto da 21,6 miliardi) per l’anno prossimo; le nuove misure messe in campo dal disegno di legge valgono invece 22,4 miliardi nel 2019 e 14,4 nel 2020, ultimo anno abbracciato dal triennio di programmazione.
Anche sul terreno della finanza pubblica l’Iva torna protagonista, nella formula ormai conosciuta delle clausole di salvaguardia. Decreto fiscale e legge di bilancio, infatti, azzerano gli aumenti del 2018 (per 15,7 miliardi) e compiono solo il primo passo per l’anno successivo. L’ipoteca iniziale sulla prossima manovra varrà 12,5 miliardi, perché l’accoppiata Ddl-decreto “taglia” 6,4 dei 18,9 miliardi delle clausole originarie. Per il 2020, invece, la montagna da scalare rimane intatta a quota 19,2 miliardi.