Controlli e liti

Fusione lecita se non si prova l’artificio

La sentenza 8959/2020 della Cassazione: la sottrazione fraudolenta deve essere dimostrata

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di Laura Ambrosi

L’incorporazione mediante fusione di una società italiana oggetto di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria in una società lussemburghese non comporta il delitto di sottrazione fraudolenta ove non venga provata la natura artificiosa dell’operazione. A fornire questa interpretazione è la Cassazione con la sentenza 8959/2020 del 5 marzo.

La vicenda trae origine, in sintesi, dalla contestazione del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte all’amministratore di una società estera gestita di fatto, secondo l’ipotesi accusatoria in Italia, per aver incorporato una impresa nazionale. In particolare consapevole delle conclusioni delle attività ispettive dell’agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza avrebbe proceduto, in concorso con altri, ad una fusione per incorporazione della azienda italiana (sottoposta ad ispezione) e fortemente patrimonializzata, in una società lussemburghese.

Dopo la condanna nei due gradi di giudizio, almeno relativamente alla sottrazione fraudolenta, l’imputato ricorreva per Cassazione lamentando, tra l’altro, l’assenza di motivazione sull’illeceità dell’operazione: non si evinceva, cioè, per quali ragioni la fusione fosse stata ritenuta artificiosa.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso evidenziando che nel delitto contestato, gli atti dispositivi compiuti devono essere oggettivamente idonei a eludere l’esecuzione, ed hanno natura fraudolenta quando, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, siano connotati da inganno o da artificio cioè dall’esistenza di uno stratagemma predisposto per sottrarre le garanzie patrimoniali al fisco

Nella specie mancava una motivazione in ordine alla natura artificiosa della fusione nonostante la questione fosse stata oggetto di uno specifico motivo di appello. Non erano state chiarite cioè le modalità con le quali tale atto dispositivo avesse messo in pericolo le pretese del fisco né era stata individuata la diminuzione del patrimonio posto a garanzia dei debiti tributari.

La sentenza è interessante perché spesso le operazioni eseguite dall’imprenditore nel corso o dopo il controllo sono ritenute idonee a sottrarre garanzie patrimoniali alla futura ed eventuale pretesa fiscale. In realtà, nel corso del controllo e successivamente, l’imprenditore non subisce alcuna limitazione circa il compimento di operazioni sul proprio patrimonio.

Ciò che rileva, ai fini dell’illecito, è l'eventuale simulazione o fraudolenza delle operazioni, ma tale circostanza deve essere provata dall'accusa.

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