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Fusione, rischio di soccombenza da valutare adeguatamente in bilancio

L’appropriata individuazione del legittimato passivo è un aspetto fondamentale della lite. Con una sovrastima del rischio gli accantonamenti vanno a sovraccaricare i costi e ad assottigliare l’utile

di Massimo Crosara e Michele Iori

Gli effetti della fusione per incorporazione, in base all’articolo 2504-bis del Codice civile, hanno condotto ad una produzione di sentenze, da parte dei giudici di segno diametralmente opposto.

I provvedimenti emessi, da un lato si sono qualificati come fenomeni evolutivo-modificatorio in cui la società incorporante, quale centro unitario di imputazione di tutti i rapporti preesistenti, proseguiva nei rapporti giuridici preesistenti in capo all’incorporata che, pur in presenza di un nuovo assetto organizzativo, conservava la propria identità.

Dall’altro lato, i provvedimenti si sono qualificati come un fenomeno successorio a titolo universale che estingueva la società incorporata e si sostituiva a questa nella titolarità dei rapporti giuridici attivi, passivi e anche processuali, restando l’unico centro di imputazione e di legittimazione degli obblighi e dei diritti riguardanti i soggetti incorporati.

Tale incertezza giurisprudenziale ha condotto a riflessioni di natura operativa in capo al redattore del bilancio, il quale di fronte a un contenzioso civile instaurato per eventi accaduti antecedentemente all’operazione di fusione, ha dovuto qualificare correttamente la natura del rischio evidenziato nel rispetto dei principi contabili.

Il contesto giurisprudenziale

Il contrasto di giudicati ha avuto origine dalla riforma del diritto societario, avvenuta nel 2004, che supportava la tesi (sentenze n. 2637/ 2006, n. 27762/2013, n. 24498/2014, la n. 18188/2016, la n. 12119/2017, n. 2634/2019) secondo cui la fusione di società non determina l’estinzione dell’incorporata, né crea un nuovo soggetto in sostituzione alla società fusa, bensì attua una unificazione mediante integrazione reciproca delle società partecipanti, verificandosi pertanto un fenomeno evolutivo-modificatorio attraverso cui la società incorporante subentra in tutti i rapporti giuridici di quella incorporata, compresi quelli anteriori alla fusione.

La produzione di giudicati non concordanti ha portato i giudici di legittimità a riunirsi nuovamente in sezioni unite e a stabilire di comune accordo, con il provvedimento n. 21970/2021, il principio di diritto secondo il quale «la fusione per incorporazione estingue la società incorporata» dando luogo all’estinzione di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporata, i quali vengono imputati all’incorporante.

Si assisterebbe pertanto ad un fenomeno successorio universale assimilato alle successioni mortis causa, grazie al quale la società incorporante rappresenta il nuovo ed unico centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici.

La sentenza della Cassazione n. 14228/2022, ha confermato la linea delle Sezioni Unite, ponendo le basi per consolidare il principio di diritto esposto dalla n. 21970/2021.

Tuttavia, la Corte di appello di Bergamo nella sentenza n. 15/2022 ha riaperto il dibattito sostenendo la tesi evolutiva ed accettando il ricorso proposto avverso la società incorporata riaprendo in tal modo ha riaperto un capitolo che sembrava concluso.

Nelle ipotesi di fatti avvenuti anteriormente all’operazione di fusione e di riconoscimento della tesi evolutiva, l’attore, nel caso in cui proponga giudizio verso l’incorporante, risulterebbe sconfitto per mero difetto di legittimazione passiva mentre nella fattispecie speculare, ma di segno opposto, al riconoscimento della tesi successoria si verificherebbe la sconfitta del soggetto che ha citato in giudizio l’incorporata.

Risvolti contabili

La possibilità di una soccombenza in giudizio, per fatti avvenuti anteriormente all’operazione di fusione, costituisce un rischio di competenza che deve essere indicato nell’informativa di bilancio, anche se conosciuto dopo la chiusura dell’esercizio, nel rispetto del principio di prudenza in base all'articolo 2423-bis coma 1, numero 4, del Codice civile.

Il principio contabile Oic 31, in relazione al grado di realizzazione e di accadimento, classifica gli eventi futuri come probabili, possibili o remoti. La decisione di collocare l’evento temuto all’interno di una delle tre classificazioni imprime una direzione ben precisa al successivo percorso di bilancio.

Diverse deliberazioni delle sezioni regionali di controllo della corte dei conti (Campania n. 125/2019, Lazio n. 18/2020, Lazio n. 112/2020, Trentino-Alto Adige/Südtirol-Sede di Trento, n. 57/2019), hanno fornito degli standard probabilistici utili alla classificazione dell’evento:

la passività «probabile», con indice di rischio del 51%, è quella in cui rientrano i casi di provvedimenti giurisdizionali non esecutivi, nonché i giudizi non ancora esitati in decisione, per i quali l’avvocato abbia espresso un giudizio di soccombenza di grande rilevanza;

la passività «possibile» che, in base al documento Oic 31, nonché dello Ias 37, è in relazione alla quale il fatto che l’evento si verifichi sia inferiore al probabile e, quindi, il range di accantonamento deve oscillare tra un massimo del 49% e un minimo determinato in relazione alla soglia del successivo criterio di classificazione;

la passività da «evento remoto», la cui probabilità è stimata inferiore al 10%, con accantonamento previsto pari a zero.

Al riguardo, il documento Oic 31 e la definizione dello Ias 37, confermano il disposto giurisprudenziale disponendo che un evento è probabile qualora il suo accadimento è ritenuto più verosimile del contrario, ovverosia quando il suo realizzarsi è considerata condizione più verosimile rispetto al non verificarsi.

Al verificarsi pertanto di tale grado di probabilità, il redattore di bilancio dovrà procedere con l’accensione di un conto di accantonamento a fondo rischi alla voce B) Fondi per rischi e oneri n. 4) Altri, dello stato patrimoniale , e in contropartita al conto economico, alla voce B) Costi della produzione n. 12) Accantonamento per rischi.

Il principio in parola dispone testualmente che «i fondi per rischi rappresentano passività di natura determinata ed esistenza probabile, i cui valori sono stimati. Si tratta, quindi, di passività potenziali connesse a situazioni già esistenti alla data di bilancio, ma caratterizzate da uno stato d’incertezza il cui esito dipende dal verificarsi o meno di uno o più eventi in futuro».

In effetti la valutazione delle potenzialità di rischio e perdita può presentare livelli diversi d’incertezza e gradi diversi di difficoltà nella misurazione della stima degli accantonamenti e pertanto non concludersi con la definizione di un importo puntuale e preciso.

Lo Ias 37 (Provisions, Contingent Liabilities and Contingent Assets) afferma che se la stima dell’accantonamento porta a determinare un intervallo di valori associati alla stessa probabilità dovrà essere accantonata la media dei due valori. Secondo l’Oic 31 invece l’accantonamento deve rappresentare la miglior stima fattibile tra i limiti massimi e minimi del campo di variabilità dei valori determinati.

L’importo accantonato sarà oggetto di svincolo alla cessazione del giudizio. Nel caso si verifichi la soccombenza in giudizio, si procederà con l’utilizzo del fondo, mentre in caso di esito favorevole, il fondo sarà girocontato tra i componenti positivi del reddito nel nostro caso alla lettera A), numero 5 del conto economico, alla voce Altri ricavi e proventi.

Secondo l’Oic 31, un evento è possibile quando dipende da una circostanza che può o meno verificarsi; quindi il grado di accadimento dell’evento futuro è inferiore al probabile. Si tratta dunque di eventi contraddistinti da una ridotta probabilità di realizzazione.

Nel caso di passività potenziali ritenute possibili, l’informativa non va rendicontata all’interno degli schemi di conto economico e di stato patrimoniale, bensì in nota integrativa, all’interno della quale vanno indicate le seguenti informazioni:

la situazione d’incertezza, ove rilevante, che procurerebbe la perdita;

l’importo stimato o l’indicazione che lo stesso non può essere determinato;

altri possibili effetti se non evidenti;

l’indicazione del parere della direzione della società e dei suoi consulenti legali e di altri esperti, ove disponibili.

Secondo il disposto dell’Oic 31, un evento è remoto quando ha scarsissime possibilità di verificarsi ovvero, potrà accadere solo in situazioni eccezionali (ut supra probabilità inferiore al 10%). In questa fattispecie non è richiesta alcuna forma di rendicontazione e informativa da parte del redattore di bilancio.

L’incertezza da dirimere

L’appropriata individuazione del legittimato passivo è un aspetto fondamentale della lite.
Il difetto di legittimazione produrrebbe un evento impossibile, mentre la corretta imputazione della legittimazione passiva, aprirebbe alle qualificazioni di probabile, possibile o remoto, portando rispettivamente all’iscrizione di un fondo rischi, all’iscrizione in nota integrativa o alla mancata indicazione in bilancio.

Attribuire all’evento considerato un grado di probabilità non conforme, sovrastimando il rischio, comporta che i relativi accantonamenti vadano a sovraccaricare i costi e ad assottigliare l’utile portando un eventuale lettore di bilancio a compiere scelte differenti rispetto a quelle che avrebbe compiuto in assenza della costituzione fondo rischi per mezzo dei relativi accantonamenti.

Nel caso opposto di sottovalutazione del grado di avveramento della soccombenza, potrebbe verificarsi una sopravvalutazione dell’utile che porterebbe eventualmente alla distribuzione di utili non effettivamente realizzati e ad un possibile successivo stato di dissesto patrimoniale.

Al fine di operare un ambiente giuridico orientato alla certezza del diritto, gli attori economici attendono pertanto un atto di interpretazione autentica da parte del legislatore, che dirima la questione ed elimini condizioni di oggettiva incertezza.


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