Gli acquisti di quote non generano una nuova comunione
Gli atti (tra vivi a titolo oneroso o gratuito, o a causa di morte) o i fatti meramente traslativi che non determinino una nuova situazione di contitolarità di beni e diritti, ma incidano solo sulla misura e titolarità delle quote di proprietà relative a preesistenti comunioni di siffatti beni e diritti, non costituiscono «titolo» di acquisto né generano una nuova e distinta massa di beni.
Lo afferma la Cassazione (28 marzo 2018 n. 7604), in relazione a una controversia tra l’agenzia delle Entrate e alcuni contribuenti in riferimento a una divisione ereditaria.
L’Agenzia aveva notificato un avviso di liquidazione per il recupero di imposte suppletive di registro, ipotecaria e catastale di cospicuo importo, assumendo l’esistenza dei presupposti per l’applicazione delle più gravose imposte per i trasferimenti (e non già di quella, più tenue, prevista per gli atti dichiarativi e autoliquidata). A fronte della rinuncia all’eredità perfezionata da uno dei chiamati all’eredità (coniuge del disponente e contitolare della residua quota sugli stessi beni, acquistati a suo tempo in forza di quattro distinti atti tra vivi), i figli, chiamati anche per effetto della rinuncia, unitamente alla loro genitrice condividente, avrebbero sciolto più comunioni, originate presuntivamente da più titoli: quella nascente dall’apertura della successione e quella originatasi per effetto della rinuncia stessa.
Nei primi due gradi, i contribuenti rimanevano soccombenti: da qui il giudizio innanzi alla Suprema corte, che riteneva infondata l’obiezione sollevata dai giudici di appello circa l’esistenza di più comunioni nascenti da più titoli. La rinuncia operata dal coniuge - osservano i giudici - non costituisce titolo di provenienza, determinando solo una variazione delle entità delle quote originariamente ereditate (Cassazione 27075/14).
Del resto l’amministrazione finanziaria stessa, nella circolare 18/E del 29 maggio 2013, già aveva affermato il principio per cui «non costituiscono autonomo titolo gli acquisti di quote ideali degli stessi beni della massa divisionale».
Ciò che mette conto rilevare è che i titoli di acquisto, a suo tempo operato dagli originari proprietari (il disponente e il coniuge rinunciante), erano ben quattro atti di compravendita e che, evidentemente, è stata ritenuta indubbia dalla Suprema corte l’operatività del fattore unificante delle diverse comunioni (originate dai diversi titoli) di cui all’ articolo 34 comma 4 Dpr 131/86, e cioè l’ultimo acquisto di quote dei beni della massa divisionale per successione a causa di morte, né ha costituito un impedimento all’operatività di questo fattore la circostanza che tale acquisto di quote non fosse operato da tutti i condividenti, ma solo da alcuni di essi.
Inoltre, e con valenza ancora più pregnante, i giudici rilevano che nel caso in esame non si profila il fenomeno delle masse plurime, pur integrando l’ultimo acquisto di quote non già una successione a causa di morte, bensì un atto - dai medesimi giudici - qualificato «tra vivi» (appunto la rinuncia all’eredità): ciò in quanto, nel rapporto tra titolo e massa dei beni, la comunione è pur sempre quella sotto il profilo causale ancorata al titolo successorio.