Gli apporti dei soci alla fondazione non costituiscono ricavi
Gli apporti al patrimonio di una fondazione commerciale da parte dei soci non costituiscono ricavi per l’ente. È quanto chiarito dall’Amministrazione finanziaria nella risposta a interpello 255/2019 pubblicata ieri, con la quale viene approfondito il regime fiscale dei versamenti soci per l’ente bene-ficiario e per il soggetto che effettua l’apporto.
La fattispecie riguarda una fondazione di partecipazione che svolge in prevalenza attività commer-ciale (formazione post lauream) ma è priva di finalità lucrative. In vista dell’acquisto di una nuova unità immobiliare, l’ente riceverà apporti in denaro da parte di soggetti terzi che entreranno a far parte della fondazione come soci partecipanti/sostenitori. Si chiede quindi di sapere se:
•per la fondazione, tali apporti siano qualificabili alla stregua di contributi «in conto capitale», non rilevanti a fini Ires;
•per i soci, gli stessi possano essere considerati erogazioni liberali detraibili/deducibili.
La risposta dell’Amministrazione è duplice e si fonda sulle caratteristiche dell’ente e sul tipo di rapporto che, nel caso di specie, viene instaurato con i soci. Quella della fondazione di partecipazione è una figura giuridica atipica, che si pone nel mezzo tra gli enti associativi (con i quali condivide l’elemento dei soci/partecipanti) e le fondazioni tradizionali (con le ha in comune lo scopo non lucrativo ed il raggiungimento di un obiettivo specifico individuato nell’atto costitutivo), caratterizzata per una formazione progressiva del patrimonio ed un intervento attivo dei soci nella gestione dell’ente.
Di conseguenza, dal lato della fondazione è corretto ritenere che gli apporti siano privi di rilevanza reddituale, laddove realizzino un contributo una tantum finalizzato a sovvenzionare le attività dell’ente (come nel caso di specie). La norma di riferimento, in questo in caso, è l’articolo 88 del Tuir in tema di versamenti a fondo perduto o in conto capitale, applicabile anche agli enti diversi dalle società che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (quale è la fondazione istante). Soluzione diversa, invece, nel caso in cui il versamento abbia natura corrispettiva, ad esempio in quanto effettuato dai soci per fruire dell’attività di formazione erogata dall’ente. In tal caso, infatti, resterebbe ferma la qualifica di “ricavo” dell’apporto, a prescindere dall’eventuale imputazione a patrimonio dello stesso.
Per quanto riguarda il regime fiscale in capo al socio, l’Amministrazione non condivide la soluzione proposta dal contribuente in quanto i diritti attribuiti ai partecipanti/sostenitori (nomina di alcuni rappresentanti nel Consiglio di indirizzo, con funzioni consultive) determinerebbero uno scambio di utilità reciproche incompatibile con la qualificazione di tali versamenti come liberalità. Una posizione forse eccessivamente restrittiva, posto che i diritti riconosciuti a fronte dell’apporto sembrerebbero più un “ringraziamento” per le erogazioni effettuate volto a fidelizzare il sostenitore, che non un corrispettivo per l’apporto (data anche la natura meramente consultiva dell’organo a cui partecipano i soci, tramite i propri rappresentanti).







