I calcoli esatti della società superano le presunzioni del fisco
Assolve al proprio onere probatorio l'albergo con ristorante e bar che dimostra, sulla base di calcoli matematicamente esatti, di non aver occultato i maggiori i ricavi ricostruiti dall'ufficio. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza n. 5205, depositata il 16 marzo.
Questi i fatti su cui la Corte ha deciso. Riscontrata la mancata tenuta della contabilità di magazzino ex articolo 59 del Tuir, l'agenzia delle Entrate ha emesso un accertamento induttivo per l'anno d'imposta 1998 nei confronti di una srl in liquidazione, rideterminando i ricavi e recuperando i costi non inerenti. La società ha impugnato l'atto e la Commissione tributaria provinciale, accogliendo in parte il ricorso, ha dimezzato i maggiori ricavi accertati. Ciò in quanto, da una parte, ha ravvisato un sensibile scostamento fra i ricavi denunciati e quelli presumibili da una normale e proficua gestione; dall'altra, ha ritenuto i fondamenti dell'accertamento discutibili (non era stato detratto il cosiddetto sfrido, non si erano separati i pranzi nuziali dai pasti ordinari e si era ipotizzato l'utilizzo di quantità di merce inferiore a quella utilizzata per la preparazione delle varie portate). La sentenza, impugnata dalla contribuente e dall'ufficio, è stata riformata in secondo grado con totale annullamento dell'avviso di accertamento. In particolare, il giudice di appello ha ritenuto che la legittimità dell'atto impositivo non poteva essere 'salvata' sulla base dello scostamento sussistente tra i ricavi dichiarati e quelli presuntivamente conseguibili attraverso una normale e proficua gestione. L'occultamento dei ricavi, infatti, poteva essere contestato non sulla base dei risultati di gestione attesi, ma solo in presenza di eventuali vizi della contabilità, di alterazioni nella tenuta dei registri obbligatori e di controlli incrociati, o comunque in presenza di prova contraria dell'ufficio, idonea a smentire l'esattezza matematica dei conteggi prodotti in giudizio dalla società. L’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra l'altro, la violazione dell'articolo 39, comma 2, del Dpr 600/73. La Corte ha dichiarato inammissibile (anche) tale motivo di ricorso.
I giudici di legittimità hanno affermato che il passaggio della sentenza impugnata, relativo alla circostanza che l'ufficio non aveva fatto «opposizione ai conteggi prospettati dalla società appellante» andava letto nel complesso dell'intera motivazione. In particolare, la Cassazione ha sottolineato che la portata di tale affermazione andava interpretata con quanto successivamente rilevato dal giudice di secondo grado e cioè con la mancata contestazione, da parte dell'ufficio, dell'“esattezza matematica dei conteggi offerti dalla società verificata, in entrambi i gradi del giudizio, attestanti un non perpetrato occultamento di ricavi e, quindi, di reddito”. Come evidenziato dalla Corte, infatti, prima la Commissione regionale aveva inteso riconoscere che, mediante i suddetti conteggi, la contribuente aveva assolto il proprio onere probatorio, dimostrando l'infondatezza delle presunzioni a base dell'accertamento; poi, aveva rilevato la necessità che, alla prova contraria fornita dalla contribuente, facesse seguito una controprova, in termini di replica dell'ufficio rispetto ai conteggi che il giudice dei merito aveva reputato “esatti” dal punto di vista matematico.
Corte di cassazione, sentenza 16 marzo 2016 n. 5205