Professione

I commercialisti: estendere l’equo compenso e aggiornare i parametri

In audizione in commissione Giustizia i professionisti rilanciano l’estensione della clientela soggetta all’obbligo

di Federica Micardi

Si torna a parlare di equo compenso dei professionisti. L’occasione è l’audizione presso la commissione Giustizia della Camera dei commercialisti e degli avvocati sulle proposte AC 301 (Giorgia Meloni FdI), AC 1979 (Andrea Mandelli - FI) e AC 2192 (Jacopo Morrone - Lega). Proposte che, con specifiche diverse, mirano tutte ad estendere la platea dei committenti tenuti a rispettare l’equo compenso perché ora questo obbligo riguarda solo i cosiddetti clienti “forti” come le grandi imprese, le banche, le assicurazioni e la pubblica amministrazione

Parametri minimi

Per i commercialisti è necessario estendere la disciplina dell’equo compenso eliminando qualsiasi riferimento alla natura o alla dimensione del committente e al tipo di contratto, e auspicano che l’equo compenso possa tradursi in un compenso minimo obbligatorio, facendo riferimento ai parametri ministeriali. In merito ai parametri minimi i commercialisti propongono di «predisporre distinti provvedimenti che individuino i parametri specifici in relazione alla singola professione».

Secondo il vice presidente del Consiglio nazionale Giorgio Luchetta sarebbe opportuno introdurre un’apposita norma primaria che disponga l’adozione di singoli decreti ministeriali per l’individuazione dei parametri specifici di ciascuna professione e tali decreti dovrebbero essere emanati dal ministero su proposta del singolo Ordine professionale, così da includere tutte le attività svolte dalla professione, e dovrebbero essere sottoposti ad aggiornamento periodico quantomeno biennale, come già accade per i parametri ministeriali degli avvocati.

La blanda tutela dell’attuale legge

Comunque né la legge (articolo 13-bis, legge 247/2012 e articolo 19-quaterdecies, Dl 148/2017 convertito, con modificazioni, dalla legge 172/2017) né i parametri si sono rivelati sufficienti a tutelare i professionisti.

Gli avvocati, nel corso della loro audizione, hanno denunciato che nonostante per legge la pubblica amministrazione dovrebbe riconoscere un equo compenso in alcuni casi non lo ha fatto, e ricordano il bando del ministero dell’Economia e delle finanze del 2019, in cui si richiedeva “un’esperienza accademica e professionale”, senza prevedere remunerazione per i professionisti. La riluttanza della pubblica amministrazione ad adottare l’equo compenso viene segnalata anche dai commercialisti, che richiamano la pronuncia del Tar di Ancona, n. 761 del 9 dicembre 2019).

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