Contabilità

I privati saranno liberi da tutti i debiti anche senza contropartita ai creditori

di Niccolò Nisivoccia

La «procedura di sovraindebitamento», intesa come procedura finalizzata a regolare la crisi dei soggetti esclusi dal fallimento (in primis dei cosiddetti debitori civili, cioè di coloro che non possono fallire perché non sono imprenditori commerciali: comuni cittadini che si siano indebitati per qualunque motivo e non riescano più a far fronte ai loro debiti), è stata introdotta nel nostro ordinamento solo attraverso la legge n. 3 del 2012, e dunque non appartiene alla nostra tradizione, come appartiene invece a quella di altri Paesi (quali ad esempio gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Germania). Questo spiega forse più di ogni altra considerazione perché la legge sul sovraindebitamento non abbia ricevuto negli anni passati la diffusione che ci si aspettava.

Ora però non solo la disciplina contenuta nella legge del 2012 risulta integralmente importata all’interno del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza che sta per diventare legge, ma vi risultano anche inserite, accanto ad alcune novità solo nominali, altre importanti novità di carattere sostanziale, che da un lato dovrebbero chiarirne delle zone d’ombra e da un altro lato dovrebbero servire a renderla più appetibile. Ciò significa che il legislatore della riforma intende scommettere sull’assimilazione culturale della procedura di sovraindebitamento da parte del sistema, non solo confermandola quale procedura concorsuale a tutti gli effetti, ma provando anche a favorirla dove possibile.

Le novità della riforma
La più importante delle novità funzionali a favorire una maggior diffusione della procedura di sovraindebitamento è senza dubbio quella consistente nella concessione al debitore della facoltà di godere dell’esdebitazione anche quando «non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura». Vero è che questa facoltà viene in qualche modo temperata sia dal fatto di poter essere invocata «solo per una volta», sia dalla previsione dell’ipotesi in cui, dopo la concessione dell’esdebitazione da parte del giudice, «sopravvengano utilità rilevanti, che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al dieci per cento», perché in questa ipotesi il debitore dovrà assolvere ai propri obblighi di pagamento entro i successivi quattro anni.

Ma la novità rimane ugualmente molto importante, perché aggiunge al beneficio dell’esdebitazione, cioè della liberazione del debitore da tutti i debiti rimasti insoddisfatti nella procedura, di cui il debitore può già godere in virtù della legge del 2012, un vantaggio ulteriore, quale appunto quello della possibile liberazione da tutti i debiti anche quando tali debiti non possano essere pagati neppure in parte. E questo al duplice scopo di permettere al debitore un nuovo inizio (a fresh start in life, secondo l’espressione della letteratura giuridica anglo-americana) e di recuperarlo al ciclo produttivo: il che del resto corrisponde alle finalità storiche dell’istituto.

Applicazione più estesa
Sempre in tema di esdebitazione, la riforma prevede inoltre la sua estensione dalle persone fisiche, alle quali la legge del 2012 la circoscrive, alle persone giuridiche, e la sua applicazione di diritto in ipotesi di liquidazione controllata, semplicemente a seguito della chiusura della procedura, o addirittura anche prima della chiusura una volta decorsi tre anni dalla sua apertura.

Ne gioverà la disciplina del sovraindebitamento, in termini di una sua maggior diffusione? È lecito immaginare di sì, ma molto dipenderà, come si diceva, anche dall’acquisizione di una consapevolezza e di una confidenza cui solo il tempo potrà dar vita, se si avranno la pazienza e la cura (per usare qui una suggestione proveniente da una recente opera di Gabrio Forti, «La cura delle norme») che ogni processo di assimilazione di per sé richiede.

Le regole del decreto attuativo

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