I temi di NT+Novità della settimana

I provvedimenti dal 13 al 17 settembre

I provvedimenti normativi e le interpretazioni ministeriali dell'ultima settimana

di Roberta Coser e Claudio Sabbatini

Iva/Regimi speciali

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 13 settembre 2021, n. 582

Regime del margine anche per le cessioni fatte da soggetti esteri

Il caso riguarda la cessione di oggetti d'arte da parte di un soggetto passivo extra-Ue (società di diritto svizzero).Ai fini della cessione (o dell'importazione) di detti beni, rientrante nel regime del margine (articolo 36, Dl 41/1995), il venditore estero è tenuto a nominare un rappresentante fiscale in Italia (nominato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, Dpr 633/1972), per effettuare le operazioni territorialmente rilevanti nel nostro Paese.Infatti, non può applicarsi il regime del reverse charge (di cui all'articolo 17, comma 2, Dpr 633/1972) anche nel caso di acquisto da parte di soggetti passivi, in quanto il regime del margine presuppone il rispetto di alcune formalità, ai fini del calcolo dell'imposta, incompatibili con il meccanismo del reverse charge, che impongono la registrazione ai fini Iva in Italia del soggetto cedente non residente. Ad esempio, l'applicazione del regime del margine – applicato con il meccanismo dell'inversione contabile – presupporrebbe che il cessionario fosse a conoscenza del prezzo di acquisto pagato dal rivenditore dei beni d'arte.Già la Cm 22 giugno 1995, n. 177 evidenzia che la determinazione del margine presuppone l'effettuazione di due operazioni (acquisto e vendita) che coinvolgono il rivenditore.Pertanto, per i beni assoggettati al regime del margine è inapplicabile il meccanismo del reverse charge (che presuppone l'esistenza di un'operazione soggetta a un regime Iva ordinario); prevalendo le disposizioni speciali relative al regime del margine, sorge l'obbligo per il soggetto residente in un Paese terzo di nominare un rappresentante fiscale Iva in Italia, ai fini della concreta applicazione del regime speciale.A sostegno di tale soluzione, osserva l'agenzia, depone anche il disposto dell'articolo 37, comma 2, Dl 41/1995, con il quale il legislatore ha stabilito la prevalenza del regime del margine nell'ambito delle operazioni intracomunitarie, ove il debitore d'imposta di regola è il cessionario (in pratica il regime del margine è un regime esclusivamente interno al Paese in cui l'operazione è effettuata).

Iva/Agevolazioni

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 14 settembre 2021, n. 583

Cessioni di letti ospedalieri per terapia intensiva: regime di favore

L'interpello analizza l'applicabilità del regime di favore introdotto dall'articolo 124, Dl 34/2020 (Decreto Rilancio) per la compravendita di letti ospedalieri destinati alla terapia intensiva.L'acquisto di detti beni, al pari dell'importazione degli stessi, possono fruire del regime agevolato, nel rispetto del quadro normativo e di prassi delineato.Il regime di esenzione, con diritto alla detrazione, si applica (fino al 31 dicembre 2020; dal 1° gennaio 2021 si applica l'aliquota ridotta al 5%) ai beni se classificabili nei codici doganali richiamati dalla circolare agenzia delle Dogane 30 maggio 2020, n. 12/D. I beni indicati nella circolare discendono dall'elenco, indicativo e non esaustivo, allegato alla decisione della Commissione Ue 3 aprile 2020, n. 2020/491, che autorizza gli Stati membri a importare determinate merci, senza l'applicazione di dazi e Iva (Cm 26/E/2020). Si tratta, in sintesi, di quei beni ritenuti sia dalla normativa comunitaria che italiana necessari a contrastare il diffondersi delle pandemie. Di conseguenza, analogamente a quanto previsto per le importazioni, le cessioni dei beni in esame, per fruire del regime agevolato, devono rispettare questa finalità sanitaria.Va evidenziato che la stessa Cm 26/E/2020, riguardo ai codici doganali forniti dall'agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ha precisato che i beni agevolabili elencati dal Decreto Rilancio, rappresentano una cerchia più ristretta rispetto a quelli individuati dai codici Taric nella circolare 12/D/2020.In conclusione, alla luce del quadro interpretativo delineato e considerato che la norma del Decreto Rilancio in esame, come chiarito anche dalla Cm 26/E/2020, è finalizzata a contrastare la diffusione di tutte le pandemie da virus, l'agenzia delle Entrate ritiene che i letti ospedalieri di terapia intensiva possano rientrare nel regime agevolato di esenzione Iva, a patto che siano classificabili nei codici doganali richiamati dall'agenzia delle Dogane e dei Monopoli nella circolare 12/D di cui sopra.

Iva/Detrazione

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 14 settembre 2021, n. 584

Detrazione dell'imposta ammessa anche in caso di mancato esercizio dell'attività

L'agenzia delle Entrate fa il punto sulla spettanza del diritto alla detrazione e del rimborso dell'imposta nell'ipotesi di mancato esercizio dell'attività.Il caso riguarda una società che stipula un contratto di locazione di un immobile a uso alberghiero, la cui efficacia non si realizza a causa del mancato rispetto da parte del locatore delle clausole in esso contenute. In linea di principio, la società ha diritto al rimborso dell'Iva versata in relazione all'anticipo di alcuni costi propedeutici alla ristrutturazione e riqualificazione dell'albergo, che il locatore si è fatto carico di portare a termine entro determinati tempi. Tale diritto, però, decade se la somma è stata restituita dalla controparte, anche per effetto dell'escussione della garanzia bancaria rilasciata da quest'ultimo.Nel caso di specie, il locatore non ha consegnato l'immobile nel tempo previsto e la società locataria non ha potuto avviare l'attività. L'istante chiede se, non avendo mai realizzato operazioni attive ai fini Iva, l'eccedenza di Iva a credito maturata possa essere chiesta a rimborso (articolo 30, Dpr 633/1972) per effetto della cessazione di attività.Sulla base delle norme e della giurisprudenza, correttamente l'agenzia conclude affermando che l'acquisto di beni o di servizi da parte di un soggetto passivo determina l'applicazione del sistema dell'Iva e della detrazione e, quindi, il diritto alla detrazione sorge e può essere esercitato fin dal momento dell'acquisizione dei beni e dei servizi, anche ammortizzabili (detrazione immediata). Ciò significa che il contribuente non deve attendere l'effettiva utilizzazione dei beni e dei servizi nella propria attività per stabilire se gli spetta e in quali termini il diritto alla detrazione, essendo a tal fine sufficiente che i beni ed i servizi siano destinati a essere utilizzati in operazioni che danno diritto alla detrazione. Naturalmente, deve trattarsi di una destinazione avvalorata oggettivamente dalla natura dei beni e dei servizi acquisiti rispetto all'attività concretamente esercitata dal contribuente (Cm 328/1997).Anche la giurisprudenza ha riconosciuto che «ai fini della detraibilità dell'imposta assolta sugli acquisti di beni e sulle operazioni passive occorre accertarne l'effettiva inerenza rispetto alle finalità imprenditoriali, senza che sia tuttavia richiesto il concreto svolgimento dell'attività di impresa, potendo la detrazione dell'imposta spettare anche in assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività di carattere preparatorio, purché finalizzate alla costituzione delle condizioni d'inizio effettivo dell'attività tipica» (Corte di Cassazione, sentenza 3 ottobre 2018, n. 23994).Quindi, in linea di principio, nel caso in esame sussiste il diritto al rimborso dell'eccedenza dell'Iva assolta ed effettivamente dovuta sugli acquisti propedeutici all'avvio della dichiarata attività alberghiera. Ciò, nel presupposto dell'effettiva connessione dei predetti acquisti con l'espletamento della progettata attività e delle conseguenti operazioni attive imponibili o che comunque conferiscono il diritto alla detrazione (articolo 19, Dpr 633/1972).Inoltre, è onere del soggetto passivo dimostrare l'effettiva e concreta riferibilità alle operazioni attive degli acquisti di beni e servizi effettuati, tenendo conto della natura di detti beni e servizi, nonché del tempo intercorso tra l'acquisto e l'impiego (Corte di Cassazione, sentenza 16 luglio 2020, n. 15239). Anche la giurisprudenza unionale ha chiarito che «il diritto a detrazione, una volta nato, rimane acquisito anche se, successivamente, l'attività economica prevista non è stata realizzata e, pertanto, non ha dato luogo ad operazioni soggette ad imposta o il soggetto passivo non ha potuto utilizzare i beni o i servizi che hanno dato luogo a detrazione nell'ambito di operazioni imponibili a causa di circostanze estranee alla sua volontà» (Corte di Giustizia Ue 17 ottobre 2018, causa C-249/17).Evidentemente, però, il diritto al rimborso dell'imposta versata in sede di rivalsa viene meno se il soggetto passivo ha già ottenuto la restituzione di quanto pagato in anticipo al locatore, anche con escussione della garanzia bancaria rilasciata da quest'ultimo.Resta, altresì, ferma la necessità di una valutazione analitica delle circostanze di fatto mediante la quale verificare, tra l'altro, l'assenza di abusi della disciplina della detrazione Iva (Corte di Cassazione, sentenza 24 marzo 2020, n. 7488).

Iva/Agevolazioni

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 15 settembre 2021, n. 585

Cessioni di (alcuni) dispositivi medici anti-Covid: imposta agevolata

L'agevolazione prevista dall'articolo 124, Dl 19 maggio 2020, n. 34 (Decreto Rilancio) si applica alle cessioni di beni se considerati necessari per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.Quindi, per stabilire se si applica o meno il regime agevolato per la vendita di dispositivi medici e attrezzature sanitarie per il contrasto della pandemia da Covid-19, occorre tener presente l'elenco tassativo (e non esemplificativo) contenuto nella norma citata unitamente ai codici Taric individuati dall'agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Nello specifico, l'agenzia delle Dogane (circolare 12/D/2020) ha associato ai codici Taric relativi ai beni agevolabili il codice addizionale Q101 da indicare, fino al 31 dicembre 2020, nella casella 33 del documento amministrativo unico (Dau) utilizzato per la dichiarazione doganale. Un altro elenco, questa volta indicativo (non esaustivo), è stato prodotto dall'agenzia delle Entrate (Cm 26/E/2020).Si ricorda che il regime ai fini Iva consiste in un regime di esenziona senza pregiudizio del diritto alla detrazione in capo al cedente degli stessi, per le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2020, e un regime ad aliquota ridotta (5%; cfr. Tabella A, Parte II-bis, numero 1-ter.1, allegata al Dpr 633/1972) per le cessioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2021.Nel fornire la risposta ai quesiti formulati dall'istante, l'agenzia delle Entrate chiarisce che: 1) nella categoria dei reagenti ad altri prodotti di consumo utilizzati per la diagnostica Covid vi rientrano gli strumenti e le attrezzature classificabili nei seguenti codici doganali richiamati dalla circolare 12/D citata: ex 3002 1300, ex 3002 1400, ex 3002 1500, ex 3002 9090, ex 3822 0000, ex 9018 90, ex 9027 80, ex 9027 8080. Pertanto, possono beneficiare del regime di favore solo quelli che rientrano nelle voci doganali indicate; 2) si applica il regime previsto dall'articolo 124 in esame ai portali o varchi dotati di termocamere per la misurazione della temperatura corporea, purché l'attrezzatura sia stata installata unitamente al sistema di misurazione corporea e sia strettamente funzionale a tale scopo; 3) nel regime agevolato rientrano anche i supporti o sostegni per dispenser di disinfettanti (colonnine amovibili che sono dotate di sistemi di fissaggio al terreno o al muro); 4) il regime agevolato si applica alle provette sterili, come espressamente sancito dal numero 1-ter.1 della menzionata Parte II-bis della Tabella A ma non anche a quelle non sterili, le quali non rientrano nella nozione di «strumentazione per diagnostica per Covid-19»; 5) i kit/accessori/componenti e software necessari per il funzionamento delle attrezzature richiamate dalla disciplina in argomento non rientrano nell'elenco tassativo riportato nel comma 1 dell'articolo 124 e quelli individuati dalla decisione della Commissione Ue 2020/491, punto 10, si riferiscono a «materiali medicali di consumo: kit di intubazione - forbici laparoscopiche - siringhe, con o senza aghi - aghi tubolari in metallo e aghi per suture - aghi, cateteri, cannule - kit per accesso vascolare». I codici doganali richiamati non figurano nella circolare 12/D, ad eccezione dei codici ex 9018 9084 «strumentazione per accesso vascolare» ed ex 9018 90 «strumentazione per diagnostica Covid-19», per i quali si applica il regime agevolativo.

Iva/Operazioni esenti

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 15 settembre 2021, n. 591

L'attestazione dell'avvenuta guarigione da Covid è attività sanitaria

Si applica l'esenzione Iva prevista dall'articolo 10, comma 1, numero 18), Dpr 633/1972 al rilascio – da parte dei medici di medicina generale ai pazienti assistiti a domicilio – delle certificazioni verdi Covid-19, attestanti l'avvenuta guarigione dal virus, necessarie, tra l'altro, per accedere alle strutture residenziali territoriali (ordinanza del ministero della Salute 8 maggio 2021).Si tratta di prestazioni il cui scopo principale è tutelare la salute dell'interessato o della collettività come richiesto dalla disposizione agevolativa e dalla disciplina europea che l'ha ispirata.In linea generale, ai fini dell'esenzione prevista dal ricordato numero 18) devono sussistere congiuntamente sia il requisito oggettivo (prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione della persona) che soggettivo (prestazioni rese nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, secondo le disposizioni dello Stato). La norma trae origine dall'articolo 132, paragrafo 1, lettera c), Direttiva 2006/112/Ce secondo cui «gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: "[...] c) le prestazioni mediche effettuate nell'esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato». Inoltre, per la Corte di Giustizia Ue il requisito oggettivo, secondo cui sono esenti le prestazioni mediche con scopo terapeutico, non va interpretato in modo restrittivo. Le cure e le profilassi non devono essere dirette necessariamente a persone malate, per essere agevolabili è sufficiente che siano conformi all'obiettivo di ridurre il costo delle spese sanitarie (sentenze 20 novembre 2013, causa C-307/01, punto 58 e causa C-212/2001, punto 40).Ciò vale anche per i certificati medici: sono esenti se emessi per tutelare, riabilitare il paziente o prevenire malattie. Diversamente, si applica l'imposta al rilascio di certificati se forniscono un parere a seguito del quale sarà adottata una decisione che produce effetti giuridici (es una perizia).Anche la Cm 28 gennaio 2005, n. 4/E afferma che l'esenzione Iva è circoscritta «alle prestazioni mediche di diagnosi, cura e riabilitazione il cui scopo principale è quello di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone, comprendendo in tale finalità anche quei trattamenti o esami medici a carattere profilattico eseguiti nei confronti di persone che non soffrono di alcuna malattia (cd. "Criterio dello scopo principale della prestazione")».In sintesi, sia la giurisprudenza unionale che la prassi interna sono concordi nel ritenere l'agevolazione applicabile alle certificazioni mediche il cui scopo principale è salvaguardare, anche in via preventiva, sia la salute del singolo che della collettività.Il certificato di guarigione di cui all'interpello è stato introdotto nell'ambito delle misure adottate per contenere la diffusione del Covid. In particolare, in base all'articolo 9, comma 1, lettera a), Dl 52/2021 sono definite certificazioni verdi Covid-19 «le certificazioni comprovanti lo stato di avvenuta vaccinazione contro il SARS-CoV-2 o guarigione dall'infezione da SARS-CoV-2, ovvero l'effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus SARS-CoV-2».Si tratta, dunque, di attestazioni – valide per sei mesi – comprovanti la vaccinazione, la guarigione o la non positività rispetto al virus. Sono richieste dall'interessato e possono essere rilasciate dalla struttura di ricovero del paziente, dai medici di base e dai pediatri di libera scelta.Alla luce del quadro normativo e di prassi, l'agenzia conclude affermando che le certificazioni di avvenuta guarigione da Covid-19 emesse dal medico di base rientrano nel contesto agevolabile previsto dalla misura, perché qualificabili come prestazioni sanitarie di tutela della salute del cittadino o della collettività, condizione necessaria ai fini dell'esenzione. Lo scopo principale di questi certificati va ravvisato, infatti, nella tutela preventiva della salute dei cittadini in considerazione della situazione epidemiologica in atto e della sua evoluzione.

Successioni e donazioni/Adempimenti

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 15 settembre 2021, n. 587

Eredità giacente e imposte: obblighi dei curatori

Ai sensi degli articoli 28 e 36, Dpr 346/1990 (Testo Unico sulle successioni e donazioni o Tus) tra gli obblighi dei curatori delle eredità giacenti vi sono quelli riguardanti la presentazione della dichiarazione di successione e il versamento dei tributi nei limiti del valore dei beni ereditari dei quali sono entrati in possesso.Infatti, i soggetti passivi dell'imposta sono gli eredi (articolo 5, Tus), mentre l'obbligo di presentazione della dichiarazione di successione grava sui soggetti chiamati all'eredità, i legatari, ovvero i loro rappresentanti legali, gli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell'assente, gli amministratori dell'eredità, i curatori delle eredità giacenti, gli esecutori testamentari (articolo 28, comma 2, Tus). Quindi, il curatore rientra fra i soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione di successione.Quanto al pagamento delle imposte, l'articolo 36, comma 3, Tus prevede: «Fino a quando l'eredità non sia stata accettata, o non sia stata accettata da tutti i chiamati, i chiamati all'eredità, o quelli che non hanno ancora accettato, e gli altri soggetti obbligati alla dichiarazione della successione, esclusi i legatari, rispondono solidalmente dell'imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti». Pertanto, il curatore dell'eredità giacente è tenuto anche ad effettuare i versamenti delle imposte nei limiti del valore dei beni ereditari dei quali è in possesso (Corte di Cassazione, sentenza n. 16428/2009).Il possesso dei beni ereditari, in capo al curatore dell'eredità giacente, è implicito sia nell'articolo 528 Codice civile sia nei poteri che egli deve esercitare a norma degli articoli 529 e seguenti, Codice civile.Gli obblighi relativi alle imposte riguardano anche l'imposta ipotecaria (articolo 1 della Tariffa allegata al Dlgs 347/1990) e l'imposta catastale (articolo 10, comma 1, Dlgs 347/1990) al fine della volturazione degli immobili compresi nell'attivo ereditario a favore dell'eredità giacente (a norma dell'articolo 76 del Regolamento 8 dicembre 1938, n. 2153, sussiste l'obbligo di volturare gli immobili compresi nell'attivo ereditario a favore dell'eredità giacente e tale formalità determina l'obbligo di corrispondere la relativa imposta catastale proporzionale). Entrambe le imposte sono applicate in misura proporzionale.In definitiva, gli obblighi di autoliquidazione delle imposte ipotecarie e catastali devono essere assolti anche da parte del curatore dell'eredità giacente. Nel caso in cui, invece, l'eredità sia devoluta allo Stato non sono dovute né l'imposta di successione, né quelle ipotecaria e catastale (articolo 3, Dlgs 346/1990; articoli 1, comma 2, 3 e 10, Dlgs 347/1990). La devoluzione dei beni allo Stato, infatti, costituisce una causa di chiusura del procedimento dell'eredità giacente. In tale ipotesi dovrà essere sospesa la riscossione della relativa imposta in capo al curatore e quest'ultimo potrà procedere alla richiesta di rimborso della stessa, qualora già versata.

Agevolazioni/Contributi regionali

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 15 settembre 2021, n. 588

Aiuti Covid: condizioni per la detassazione

La risposta prende in esame il trattamento fiscale dei contributi erogati dalla Regione ad imprese per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19.Ai sensi dell'articolo 10-bis, Dl 137/2020 (Decreto Ristori), i contributi e le indennità corrisposti alle imprese e ai lavoratori autonomi per l'emergenza pandemica non concorrono al reddito dei percipienti; il regime agevolato opera, però, a certe condizioni. Ad esempio, si applica se dette misure sono diverse da quelle esistenti prima della stessa emergenza epidemiologica. Con tale disposizione, il legislatore ha riconosciuto ai soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, il regime di detassazione previsto espressamente per talune tipologie di aiuti economici (es. articolo 27, Dl 18/2020 e articolo 25, Dl 34/2020).Così recita la norma: «i contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 e diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza, da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, spettanti ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'Irap e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5 del Tuir».Tenuto conto che la Regione istante ha precisato che i contributi si riferiscono a forme di finanziamento preesistenti alla pandemia, nel caso in esame non può trovare applicazione l'articolo 10-bis del Decreto Ristori. Di conseguenza i contributi rileveranno fiscalmente nei confronti delle imprese beneficiarie. Inoltre, poiché tali contributi sono finanziati da fondi nazionali e non più da risorse europee, l'ente pubblico, al momento dell'erogazione dei contributi in esame, dovrà applicare la ritenuta d'acconto del 4%, ai sensi dell'articolo 28, comma 2, Dpr 600/1973.Infatti, alla luce sia dell'articolo 132, Regolamento Ue 1303/2013 che della prassi dell'agenzia (Rm 51/E/2010), i contributi, le cui risorse derivavano originariamente da fondi europei, sono attualmente di fonte nazionale, quindi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di acconto.Con particolare riferimento alla ritenuta, si ricorda che l'articolo 23, Dpr 600/1973 ricomprende tra i sostituti d'imposta le società e gli enti, pubblici e privati, indicati nell'articolo 73 del Tuir (norma che include sia gli enti che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, sia gli enti che non svolgono, in modo esclusivo o principale, attività commerciale). Ancor più precisamente, l'articolo 28, comma 2, Dpr 600/1973 individua puntualmente i soggetti su cui grava l'obbligo di operare la ritenuta (Regioni, Province, Comuni ed altri enti pubblici e privati) e stabilisce che la ritenuta dev'essere operata a condizione che: a) il destinatario del contributo sia un'impresa. Con questa espressione si fa riferimento sia a soggetti che rivestono la qualifica di imprenditori commerciali, sia a soggetti che, pur non rivestendo tale qualifica, abbiano conseguito redditi di natura commerciale o che posseggano, più in generale, redditi la cui determinazione ha luogo sulla base delle disposizioni disciplinanti il reddito d'impresa (Rm 8 maggio 1980, n. 8/531; Rm 5 giugno 1995, n. 150; Rm 17 giugno 2002, n. 193/E; Rm 4 agosto 2004, n. 108/E; b) i contributi non siano destinati all'acquisto di beni strumentali.

Redditi di lavoro dipendente/Previdenza complementare

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 15 settembre 2021, n. 589

Contributi versati per la previdenza complementare: deducibilità dal reddito

Non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente i contributi versati alle forme di previdenza complementare, nel limite di euro 5.164,57 euro, anche se versati dal datore di lavoro (articolo 51, comma 2, lettera h), del Tuir).L'articolo 8, comma 4, Dlgs 252/2005 prevede che «i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, alle forme di previdenza complementare, sono deducibili, ai sensi dell'articolo 10 del TUIR, dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57. (...) Ai fini del computo del predetto limite di euro 5.164,57 si tiene conto anche delle quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all'articolo 105, comma 1, del citato TUIR».Secondo l'agenzia, la deducibilità è ammessa anche nei casi di versamento da parte di uno solo dei soggetti del rapporto; in altre parole, l'espressione contenuta nel comma 4 dell'articolo 8, Dlgs 252/2005 («somme versate dal lavoratore e dal datore di lavoro») dev'essere intesa nel senso di ammettere la deducibilità anche nelle ipotesi di versamento da parte di uno solo dei soggetti (lavoratore, collaboratore ovvero datore di lavoro, committente). Non necessariamente, quindi, il versamento dev'essere effettuato direttamente dal lavoratore (Cm 70/E/2007). Una diversa interpretazione, che portasse a escludere la deducibilità in mancanza di versamenti congiunti, sarebbe in contrasto con le finalità del Dlgs 252/2005, che intende favorire il ricorso alla previdenza complementare in assoluta libertà di scelta circa la forma previdenziale e l'ammontare del contributo da versare.Pertanto, entro la soglia di 5.164,57 euro, il sostituto d'imposta, trattenendo l'onere dal cedolino del dipendente, deduce i contributi a carico del lavoratore e non effettua la ritenuta su quelli a carico del datore di lavoro.Nel caso in cui il versamento venisse eseguito dal lavoratore, lo stesso potrà dedurre i contributi di previdenza complementare nella propria dichiarazione dei redditi (articolo 10, comma 1, lettera e-bis), Tuir).

Redditi di lavoro dipendente/Smart working

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 15 settembre 2021, n. 590

Smart working e applicazione delle retribuzioni convenzionali

L'articolo 51, comma 8-bis, Tuir prevede l'applicazione delle retribuzioni convenzionali nel caso di prestazione lavorativa nel Paese estero per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco di dodici mesi. Secondo la norma, «il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell'arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali di cui all'art. 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio1987, n. 317, convertito dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398».La norma fissa quindi i presupposti perché operino le retribuzioni convenzionali, ossia: 1) il lavoratore distaccato dev'essere inquadrato in una delle categorie per le quali il ministero fissa la retribuzione convenzionale; 2) l'attività dev'essere svolta all'estero con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità e costituisca l'oggetto esclusivo del rapporto di lavoro; 3) il lavoratore nell'arco di dodici mesi deve soggiornare nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni (anche non continuativi).Il criterio adottato dal legislatore è quello della presenza fisica del lavoratore nello Stato in cui viene effettuata la prestazione lavorativa e la tassazione del reddito deve avvenire nel Paese in cui è fisicamente svolta l'attività lavorativa.Nel caso di prestazione resa secondo la modalità del lavoro agile, detto requisito della permanenza all'estero non si ritiene rispettato. Infatti al lavoratore – contrattualmente distaccato all'estero – che ha lavorato in smart working in Italia e soggiornando all'estero per un periodo inferiore a 183 giorni non potranno essere applicate le retribuzioni convenzionali che, in sostanza, non tengono conto delle somme effettivamente corrisposte al lavoratore.Già la risposta ad interpello 345/2021 aveva ritenuto non possibile applicare il regime fiscale di cui all'articolo 51, comma 8-bis, Tuir, considerato che lo svolgimento in Italia dell'attività lavorativa in modalità smart working comporta la presenza fisica del lavoratore nel nostro Paese e, di conseguenza, viene a mancare uno dei requisiti fondamentali previsti dal legislatore (nell'ipotesi in cui nell'arco di 12 mesi il lavoratore in questione soggiorni in Italia per un periodo pari o superiore 183 giorni).

Redditi di impresa/ACE

Provvedimento agenzia delle Entrate 17 settembre 2021

Comunicazione ACE: approvato il modello, con modalità e termini di presentazione

L'articolo 19, Dl 25 maggio 2021, n. 73 (Decreto Sostegni-bis), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, introduce, per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020, la possibilità di fruire della deduzione del rendimento nozionale di cui all'articolo 1, Dl 6 dicembre 2011, n. 201 (cd. ACE), corrispondente agli incrementi di capitale proprio. Il beneficio consiste nel riconoscimento di un credito d'imposta da calcolarsi applicando al rendimento nozionale (temporaneamente rafforzato) le aliquote d'imposta previste dal Tuir, in vigore nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2020. Il credito d'imposta può essere: 1) utilizzato in compensazione ai sensi dell'articolo 17, Dlgs 9 luglio 1997, n. 241 (senza che si applichino le ordinarie limitazioni di utilizzo); 2) chiesto a rimborso; 3) ceduto, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, ed è usufruito dal cessionario con le stesse modalità previste per il soggetto cedente. Il provvedimento in esame stabilisce le modalità, i termini di presentazione e il contenuto della Comunicazione per la fruizione del credito d'imposta, nonché le modalità attuative per la cessione del credito. In particolare, è previsto che la comunicazione possa essere effettuata dal 20 novembre 2021 fino alla scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 (30 novembre 2022 per i soggetti «solari»). La Comunicazione ACE è inviata esclusivamente con modalità telematiche, direttamente dal beneficiario oppure avvalendosi di un soggetto incaricato della trasmissione delle dichiarazioni.La Comunicazione ACE può essere inviata con riferimento a uno o più incrementi di capitale proprio; in caso di incrementi successivi vanno presentate ulteriori Comunicazioni ACE distinte senza riportare gli incrementi indicati nelle Comunicazioni ACE già presentate.Entro trenta giorni dalla data di presentazione delle singole Comunicazioni ACE, l'agenzia delle Entrate comunica ai richiedenti il riconoscimento ovvero il diniego del credito d'imposta (per crediti superiori a 150.000 euro sono richieste ulteriori verifiche e, quindi, il termine di 30 giorni si dilaterà).Il credito d'imposta può essere utilizzato, previa comunicazione del riconoscimento del credito di cui al punto precedente, dal giorno successivo a quello di avvenuto versamento del conferimento in denaro o dal giorno successivo alla rinuncia o alla compensazione di crediti ovvero dal giorno successivo alla delibera dell'assemblea di destinare, in tutto o in parte, a riserva l'utile di esercizio.