Adempimenti

Il concorso dei creditori su tutti i beni dell’imprenditore

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di Claudio Ceradini

Nuovo orientamento dell’agenzia delle Entrate dopo la circolare 16 pubblicata ieri, sul trattamento del credito per imposta sul valore aggiunto e per ritenute operate e non versate nel concordato preventivo e nell’accordo di ristrutturazione del debito.

Ricordiamo brevemente gli eventi. La posizione dell’agenzia delle Entrate, con le circolari 40/E del 2008 e soprattutto 19/E del 2015, si era allineata all’orientamento della Corte di cassazione, che per lungo tempo era rimasto graniticamente arroccato su una posizione intransigente (tra le altre sentenze 22931 e 22932 del 4 novembre 2011). La falcidia del credito tributario era possibile, pur in assenza di transazione fiscale che costituiva un subprocedimento eventuale, ma esclusa in ogni caso per quanto dovuto dal debitore in crisi a titolo di imposta sul valore aggiunto e ritenute operate e non versate.

Nello stesso senso la Corte costituzionale, sollecitata sul punto, con la sentenza 225/2014 aveva difeso l’indisponibilità del tributo. Il quadro si incrina nel 2016, quando la Corte di giustizia europea, discostandosi dagli orientamenti sino a quel momento dominanti, con sentenza del 7 aprile 2016 (causa C-546/2014) circostanzia le ragioni che invece ammettono il pagamento parziale del credito Iva, che nel quadro di un procedimento tutelante quale il concordato preventivo non costituisce per lo Stato membro rinuncia generale e indiscriminata ai propri diritti, e non si pone quindi in contrasto con la normativa comunitaria.

Poco dopo le sezioni unite della Corte di cassazione (sentenze 26988 del 2016 e 760 del 2017), limitano il divieto di falcidia dell’Iva alle sole ipotesi di concordato con transazione fiscale, in ragione del tenore letterale della disciplina allora vigente. Il ricorso alla transazione fiscale, finalizzato ad ottenerne i benefici in termini di consolidamento del debito ed estinzione del contenzioso, impediva la falcidia. Da ultimo è intervenuta, con la legge 232 del 2016,la riscrittura dell’articolo 182-ter della legge fallimentare, che nel nuovo testo ammette la falcidiabilità del credito per Iva e ritenute, e disciplina un percorso obbligatorio per la formulazione di proposte di pagamento parziale o dilazionato dei crediti tributari, cosicché anche la visione del concordato preventivo con transazione fiscale quale approccio solo eventuale risulta superata.

Con la circolare di ieri l’Agenzia si adegua alla nuova impostazione, chiarendo la propria visione su alcuni aspetti non secondari. In primo luogo, l’Agenzia conferma l’estensione al concordato in continuità del principio della falcidiabilità dell’Iva. Se dubbi potevano sussistere sul punto prima della modifica all’articolo 182-ter, oggi il chiarimento, pur apprezzabile, è forse superfluo. Più importante il richiamo all’articolo 2740 del Codice civile e alla linea giurisprudenziale che con certo rigore individua in tutti i beni dell’imprenditore, presenti e futuri, il patrimonio su cui il concorso dei creditori debba svilupparsi.

La precisazione limita molto l’operatività di proposte di pagamento parziale del credito tributario che, nella misura in cui sia beneficiato del privilegio generale, devono prevedere un contributo in termini di finanza terza, estranea al patrimonio del debitore, e quindi liberamente gestibile al di fuori della gerarchia delle prelazioni. I tribunali di merito avevano dato a tale principio interpretazioni diverse, più o meno possibiliste, che l’Agenzia drasticamente riconduce a quella più conservativa, ma non necessariamente più tutelante.

Agenzia delle Entrate, circolare 16/E/2018

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