Il decreto di trasferimento estingue l’ipoteca sull’immobile
L’ufficio dei registri è tenuto ad eseguire subito la cancellazione dei gravami, indipendentemente dai termini per la proponibilità dell’esecuzione
L’ufficio dei registri immobiliari è tenuto ad eseguire immediatamente la cancellazione dei gravami esistenti sull’immobile oggetto di un procedimento di espropriazione immobiliare ordinata con il decreto di trasferimento, indipendentemente dal fatto che sia ancora pendente il termine per proporre opposizioni.
È il principio dettato dalla Cassazione, nella composizione a sezioni Unite, con la sentenza numero 28387 del 14 dicembre 2020, la quale chiude un’annosa disputa che ha finora provocato divisioni interpretative sia tra i giudici delle esecuzioni sia tra gli addetti al servizio di pubblicità immobiliare dell’agenzia delle Entrate.
Dopo un severo monito agli uffici della pubblica amministrazione («non rientra» nel loro «potere discrezionale» «stabilire se dare o meno attuazione ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria»), la Cassazione mette ordine alle norme coinvolte :
- l’articolo 586 del Codice di procedura civile, per il quale il giudice dell’esecuzione trasferisce all’aggiudicatario il bene espropriato, «ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie»;
- l’articolo 2878 del Codice civile, per il quale l’ipoteca di estingue con la pronunzia del provvedimento che trasferisce all’acquirente il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche;
- l’articolo 2884 del Codice civile, per il quale la cancellazione dell’ipoteca deve essere eseguita dal Conservatore, quando è ordinata con sentenza passata in giudicato.
Se nei primi due casi la legge allude a un effetto immediato del provvedimento, nell’ultimo caso impone di attendere la definitività della sentenza. Ebbene, quest’ultima norma va intesa come riferita al processo di cognizione (quando ad esempio si discuta della legittimità di una iscrizione), mentre nei primi due casi si tratta di norme da interpretare nel senso che nel processo esecutivo il «primario interesse» è quello della effettività della tutela giurisdizionale del diritto e, quindi, del creditore, «riconosciuto tale in un titolo esecutivo».
In questo contesto, campeggia il principio della tutela dell’affidamento nella correttezza e regolarità degli atti in cui il processo esecutivo per espropriazione si articola: secondo la Cassazione, perciò, la legge appresta un sistema che privilegia la stabilità degli atti di un processo che appaia avere seguito le regole sue proprie. L’interpretazione delle norme disposte dalla legge in questo ambito deve essere effettuata in modo da tutelare al massimo la fiducia da riporre nella serietà e affidabilità della vendita giudiziaria, quale espressione dell’attività di un organo pubblico ad essa istituzionalmente deputato, dato che la tutela del potenziale pubblico degli offerenti è uno dei principi fondamentali del processo di espropriazione.
Ne consegue che i provvedimenti del giudice dell’esecuzione devono considerarsi come produttivi di effetti appena vengono emanati, «tanto da potersi qualificare come intrinsecamente definitivi in forza della loro sola pronuncia».