Imposte

Il governo punta a riscrivere il calendario della tregua fiscale

Verso lo slittamento delle scadenze del 31 marzo su errori e ravvedimento. Sulle definizioni liti si profila il rinvio al 30 settembre 2023

di Marco Mobili e Giovanni Parente

Cambia il calendario della tregua fiscale con uno spostamento dei termini che non riguarda solo le scadenze del 31 marzo per gli errori formali e il ravvedimento speciale ma punta a dare più tempo anche alle tre sanatorie sulle liti. Le scadenze per le definizioni delle controversie tributarie, della conciliazione agevolata e della rinuncia alle liti in Cassazione vanno verso uno slittamento dall’attuale scadenza per richiesta e (primo) versamento dal 30 giugno al 30 settembre, con una ridefinizione anche dei termini per le scadenze successive per chi sceglie la soluzione a rate. Ma non è tutto, si profila anche l’introduzione di una nuova sanatoria (che si aggiunge alle 12 già presenti in manovra) e che estende la possibilità di chiudere i conti con il Fisco anche per gli atti di sole sanzioni (si veda l’altro articolo). Sono questi i principali contenuti del pacchetto di modifiche alla tregua fiscale al nuovo decreto Pnrr che è dato in arrivo in Consiglio dei ministri al momento calendarizzato per martedì 28 marzo.

Il tempo naturalmente stringe soprattutto per le due sanatorie in scadenza il 31 marzo. Quella degli errori formali prevede, infatti, un termine strettissimo per aderire. La definizione con il pagamento di 200 euro riguarda le violazioni commesse fino al 31 ottobre 2022 ma va effettuata in due rate dello stesso importo in scadenza, rispettivamente, al 31 marzo 2023 e al 31 marzo 2024. La sanatoria si completa anche con la rimozione di irregolarità, omissioni o infrazioni entro il termine fissato per il versamento della seconda rata, ossia appunto il 31 marzo 2024. Anche alla luce della circolare 6/E/2023 delle Entrate, pubblicata lunedì, la sanatoria ha un impatto molto ampio, visto che è stata chiarita la possibilità di farvi rientrare anche il tardivo invio delle fatture elettroniche e dei corrispettivi telematici purché siano stati inclusi nella liquidazione Iva di competenza. Questo apre alla possibilità di chiudere i conti con l’amministrazione finanziaria, “rispondendo” con un comportamento attivo anche alla tornata di lettere di compliance recapitate in questo periodo proprio a sanare le irregolarità sul tardivo invio di fatture e scontrini. Ecco perché l’Esecutivo pensa di intervenire spostando la scadenza a dopo l’estate. Due sono le date su cui si stanno concentrando le attenzioni dei tecnici: 30 settembre o 31 ottobre, con il conseguente rinvio anche della seconda rata all’anno successivo.

L’altra scadenza ravvicinata riguarda il ravvedimento speciale per tutti i tributi amministrati dalle Entrate e che riguardano le dichiarazioni 2022 relative ai redditi del 2021 e ad anni d’imposta precedenti. Con questa sanatoria in deroga al ravvedimento ordinario si versa un diciottesimo del minimo edittale delle sanzioni irrogabili previsto dalla legge, oltre all’imposta e agli interessi dovuti. Il pagamento si può rateizzare in otto appuntamenti trimestrali di pari importo con scadenza della prima rata fissata appunto al 31 marzo 2023. Su quelle successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 2% annuo. Qui l’ipotesi dovrebbe essere quella di spostare la scadenza per la prima o unica rata al 30 settembre 2023, anche in questa circostanza con un effetto a cascata sulle scadenze trimestrali successive.

Il nuovo calendario si occupa anche di liti. Naturalmente tutto ruoterà intorno alla prime scadenze. Ora il termine per aderire alle tre sanatorie (definizione liti, conciliazione agevolata e rinuncia in Cassazione) scade il 30 giugno sia per presentare la richiesta sia per versare la prima o unica rata. L’idea allo studio del ministero dell’Economia è di scavallare anche in questo caso l’estate, riscrivendo poi anche le scadenze successive. Di conseguenza, slitterebbe dal 31 luglio al 31 ottobre la comunicazione degli esiti sulle rinunce presso la Suprema corte.

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