Il ministro della Giustizia Bonafede al Sole 24 Ore: «Riforma fallimento in arrivo, poi riordino della bancarotta»
Un processo a misura di giudice. Con meno riti, per tararlo sulla complessità della causa. Sì a un sistema elettorale del Csm con il sorteggio. E poi revisione del penale fallimentare, delle ipotesi di bancarotta, per completare l’intervento sulla parte “civilistica”. Piena condivisione della nuova class action. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede risponde alle domande del Sole 24 Ore davanti ai quasi duemila delegati del XXXIV Congresso nazionale forense che si è aperto ieri a Catania.
Signor ministro, il Congresso chiede l’inserimento in Costituzione di un riconoscimento dell’avvocato. Garantisce un impegno in questa direzione?
C’è la massima disponibilità. Ci proveremo e avvieremo un percorso. Personalmente ritengo che si tratti di un intervento necessario a completare la disciplina costituzionale della giurisdizione.
Molte polemiche ha sollevato l’elezione a vicepresidente del Csm dell’ex responsabile giustizia Pd, David Ermini. Nel contratto di governo la modifica del sistema elettorale del Csm è al primo punto. Ritenete di intervenire?
Non ho fatto polemiche. Ritengo che Ermini sia una bravissima persona con la quale collaborerò e tuttavia non c’è dubbio sul significato politico di quel voto: un unico ex parlamentare c’era tra i laici e quello è stato eletto. Quanto al sistema elettorale è nel contratto di governo. Lo cambieremo ed è assolutamente possibile che ci possa essere uno spazio per forme di sorteggio che però non potranno essere integrali. Per queste servirebbe una modifica di rango costituzionale.
Sul processo civile, i documenti di accompagnamento al Def puntualizzano la direzione dell’intervento: sarà il giudice a declinare le regole processuali sulla complessità del caso. Non teme contrasti con l’avvocatura?
La mia stella polare è il buon funzionamento della giustizia nell’interesse dei cittadini. L’approvazione degli operatori del diritto è importante, ma fondamentale è anche il consenso dei cittadini. Ci sono dinamiche del sistema giustizia che il semplice cittadino non comprende più. La pluralità dei riti e il loro effetto sui tempi non è più tollerabile. Bisogna andare nella direzione di una grande semplificazione; non sono però per preclusioni rigide. Il rito deve favorire l’attribuzione di torti e ragioni, non alimentare l’incertezza. Se si continua con l’inutile complessità si rischia di aumentare la sfiducia dei cittadini nella giurisdizione. Dal 2016 al 2017 lo stock di cause arretrate è diminuito in una percentuale tra il 4 e il 5%. Non è per forza un successo se significa l’allontanamento del cittadino dalla giustizia.
Ritiene possibile un abbassamento del contributo unificato?
Al momento purtroppo non è possibile, ma prometto di aumentare le risorse a disposizione dell’amministrazione.
Ritiene anche di dovere potenziare quel circuito alternativo alla giurisdizione “classica” che oggi fa perno su conciliazione e negoziazione assistita?
Sto conducendo un monitoraggio sui risultati che questi strumenti producono. In alcuni settori i benefici sono evidenti; in altri invece tutto si risolve in un’incomprensibile allungamento dei tempi.
La revisione della geografia giudiziaria ha sollevato polemiche. Soprattutto tra gli avvocati. La modificherete?
Non c’è né la possibilità né l’opportunità. Penso a interventi molto mirati, dove la riforma ha prodotto evidenti risultati di denegata giustizia. Posso però annunciare che nella prossima riscrittura della Legge fallimentare è stata stralciata tutta la parte relativa alla soppressione delle sezioni fallimentari locali.
A proposito, quando andrà in consiglio dei ministri la nuova disciplina delle crisi d’impresa?
A breve. Abbiamo trasmesso il decreto ai ministeri competenti. Tra le novità rispetto alla versione approvata dalla commissione Rordorf, che in gran parte conserviamo, c’è una maggiore attenzione, nelle misure di allerta, alla realtà delle piccole e medie imprese, evitando automatismi troppo penalizzanti. Completeremo l’intervento con una nuova disciplina del penale e delle diverse ipotesi di bancarotta: a breve istituirò un tavolo tecnico. Penso sia un intervento indispensabile per dare compiutezza, prevedendo misure premiali per chi risana l’azienda in crisi, senza essere però indulgenti su chi commette fatti di bancarotta fraudolenta.
Sempre in tema di diritto dell’economia, che valutazione dà della legge sulla class action ora al Senato? Lei firmò nella passata legislatura una proposta che molti giudicano più equilibrata di quella appena votata.
Considero la legge importante e coraggiosa. I cittadini potranno contare su uno strumento importante in più. È un buon punto di equilibrio come testimonia l’unanimità del consenso ottenuto alla Camera, dove sono stati accolti anche emendamenti dell’opposizione. Nella legge è disciplinato anche ruolo e compenso dell’avvocato, in maniera tale da rendere premiale la retribuzione per il legale che sposa class action fondate.
Dall’Avvocatura arrivano sollecitazioni al cambiamento dell’esame…
Intanto, ho differito l’entrata in vigore del nuovo esame. Presto ripartiranno i tavoli di confronto con il Cnf sull’accesso e sul patrocinio a spese dello Stato.
Infine, le intercettazioni. Le norme dell’ex ministro, Andrea Orlando sono state congelate. Ritiene che serva una maggiore salvaguardia della privacy?
Stranamente, quell’intervento metteva d’accordo tutti, avvocati e magistrati, nel bocciarlo. Era un intervento nutrito da profonda sfiducia proprio nei confronti degli avvocati, obbligati a ore di ascolto senza poter trarre neppure copia delle intercettazioni. Oggi ho scritto agli Ordini, chiedendo indicazioni. Quanto alla privacy, il problema non si risolve con il bavaglio ai giornalisti che devono essere liberi di informare su fatti rilevanti che riguardano uomini pubblici. A partire dai politici. Vanno tutelati più i cittadini che il politico che parla al telefono.