Il numero di studi professionali incide sull’obbligo di versare l’Irap
Un medico di base, convenzionato con l’Asl, che utilizza due studi professionali non è automaticamente assoggetto all’Irap ma lo potrebbe diventare qualora ne utilizzasse tre, in quanto supererebbe oggettivamente la soglia minima richiesta dalle Sezioni unite per riconoscere l’esonero dall’imposizione tributaria ai fini di tale imposta, rendendosi necessario, in tale circostanza, un approfondito esame in merito all’effettivo utilizzo degli studi professionali menzionati. A tale conclusione è giunta la Cassazione sull’ ordinanza 12085/2018 .
Con ricorso per Cassazione, l’agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza della Ctr dell’Emilia Romagna afferente al silenzio rifiuto, osservato dall’ufficio, nei confronti dell’istanza di rimborso ai fini Irap, per il periodo intercorrente tra il 2006 e il 2008, presentata da un medico di base. L’amministrazione finanziaria ha dedotto la violazione dell’articolo 2, comma 1 bis e dell’articolo 3, comma 1, lettera c) del Dlgs 446 del 1997, in relazione dell’articolo 360, comma 1 n. 3, del Codice di procedura civile in quanto, i giudici della regionale, in violazione delle norme menzionate, avrebbero erroneamente ritenuto insussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, sebbene avessero accertato lo svolgimento dell’attività professionale da parte del contribuente in tre distinti studi nel 2007 e in due studi nelle altre annualità in contestazione, oltre alla collaborazione da parte di un dipendente.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso presentato dall’ufficio in quanto, secondo consolidato orientamento della Suprema corte sebbene, in alcune circostanze, l’utilizzo di due studi professionali, qualora rigorosamente giustificato da peculiari esigenze professionali, non sia risultata circostanza che potesse far ritenere sussistente «l’autonoma organizzazione» ove tali studi costituissero semplicemente una pluralità di luoghi nei quali il medico avesse la possibilità di ricevere i propri pazienti, rappresentando pertanto esclusivamente uno strumento finalizzato a rendere più efficace (e più comodo per i pazienti) l’esercizio dell’attività professionale autonoma (Cassazione, ordinanza 16369/2017), con l’utilizzo di tre studi, tuttavia, il professionista impiega beni strumentali globalmente eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività professionale, superando oggettivamente la soglia minima richiesta dalle Sezioni Unite per l’esonero dalla imposizione tributaria ai fini dell’Irap (Cassazione, 16369/2017 e 23838/2016).
A parere del collegio di legittimità, pertanto, i giudici di merito si sono discostati dal superiore principio di diritto e, in particolare, non hanno verificato se l’utilizzo di più studi, da parte del professionista, fosse volto esclusivamente a un più agevole e comodo accesso degli assistiti del medico di base, in virtù di convenzioni stipulate con l’Asl di riferimento, ovvero fossero sintomatici di un’organizzazione finalizzata ad accrescere la clientela privata.
Cassazione, ordinanza 12085/2018