Il CommentoImposte

Il paradosso di aliquote diverse per gli stessi servizi e fornitori

di Giacomo Ramenghi

Medesimo servizio, medesimo fornitore, ma due aliquote Iva differenti a seconda dello strumento di pagamento utilizzato dal lavoratore. È quanto ha sostenuto l’agenzia delle Entrate nell’interpello 231 del 28 aprile 2022 rispondendo ad una richiesta di chiarimenti posta da una società di ristorazione (si vedano gli altri articoli in pagina).

Una società operante nel settore della ristorazione collettiva, che gestisce, fra l’altro, mense aziendali, ha sottoposto all’Agenzia un quesito sulle corrette modalità applicative dei chiarimenti forniti dalla stessa amministrazione con la risoluzione 75/E/2020.

Il caso di partenza

La società istante stipula contratti con i datori di lavoro per l’erogazione dei servizi di mensa ai lavoratori dipendenti. Il datore di lavoro chiede poi alla società di ristorazione di accettare in pagamento anche buoni pasto.

Il datore di lavoro e le società emettitrici dei buoni pasto concludono un separato contratto e gli stessi sono spendibili nei locali convenzionati, fra i quali figurano anche le mense aziendali. Per accettare i buoni nelle mense le società di ristorazione concludono con le società emettitrici apposite convenzioni.

Per la stessa natura dell’imposta sul valore aggiunto il soggetto inciso è il lavoratore dipendente, categoria per la cui tutela fu prevista l’imponibilità con Iva al 4% per le somministrazioni di alimenti e bevande all’interno delle mense aziendali sulla base del n. 37), Tabella A, parte II, Dpr 633/1972.

Con la risoluzione 75/E/2020, l’Agenzia ha chiarito che:

1. nel rapporto tra la società emittente i buoni pasto e il datore di lavoro si applica l’aliquota Iva del 4%;

2. nel rapporto tra la mensa aziendale che accetta i ticket e la società emittente i buoni pasto si applica l’Iva al 10%.

Considerato che la società di ristorazione proponente l’interpello offre lo stesso servizio nei medesimi locali, la stessa fa presente che, seguendo quanto precisato dalla risoluzione 75/E/2020, sarebbe necessario prevedere due listini prezzi differenti. Uno che espone prezzi con Iva al 10%, per i lavoratori che pagano con i buoni pasto, l’altro che espone prezzi con Iva al 4%, per i lavoratori che pagheranno in contanti.

L’istante chiede poi chiarimenti in merito alle corrette modalità di applicazione dell’imposta nei casi in cui il lavoratore decida di pagare il pasto parte in buoni pasto e parte in contati (o altri strumenti equivalenti).

La risposta dell’Agenzia si limita a confermare anche nel caso di pagamento con modalità miste la distinzione formale dei rapporti sopra richiamati. Per l’Agenzia ove la stessa prestazione sia saldata parte in contanti e parte con buoni pasto, si dovrà: sulla parte di prezzo pagata in contanti applicare l’Iva al 4% (e il relativo corrispettivo sarà esente da obblighi di certificazione ed emissione del documento commerciale, nonché di memorizzazione e trasmissione telematica); sulla parte di prezzo pagata in buoni pasto andrà scorporata l’imposta al 10 per cento.

I limiti della risposta

Non saranno però così risolte le difficoltà gestionali riferite all’applicazione di diverse aliquote Iva per l’erogazione dello stesso servizio, evidenziando l’illogicità di una distinzione di aliquote basata unicamente sulla forma di pagamento, anomala proprio in considerazione del fatto che è sempre il lavoratore a fruire del servizio.

Nella risposta l’Agenzia si spinge a intervenire anche su materie non di sua specifica competenza, negando la possibilità alla società di ristorazione di prevedere un doppio listino prezzi che, proprio in considerazione della doppia aliquota (dipendente unicamente dallo strumento di pagamento utilizzato), in una logica di libero mercato, permetterebbe alla società gestrice delle mense di tutelarsi dal dover sostenere un costo implicito rappresentato dalla diversa aliquota di imposta.