Il CommentoImposte

Il passo del Fisco è ancora lento nell’affrontare l’emergenza

L’emergenza coronavirus detta i tempi anche all’evoluzione del quadro fiscale, che non è mai stata così veloce. Quando tutto sarà finito, nel calendario economico si distinguerà un “prima” e un “dopo” Covid-19. Ma intanto gli eventi precipitano. E il Dl 18/2020, il “cura Italia” varato un paio di settimane fa, è già superato dai fatti: quindi più che ragionare sulle possibili interpretazioni di quelle norme, è meglio riflettere su come intervenire con nuove disposizioni, più efficaci e più coerenti con un contesto profondamente cambiato.

Il decreto si è mosso nel rispetto di una copertura finanziaria limitata, ma con il presupposto – in merito agli aiuti alle partite Iva – che il problema si sarebbe risolto a marzo. Purtroppo non è così: gli interventi, modulati sul ristorno dei danni economici causati dal blocco delle attività per un solo mese, dovranno essere rivisti e potenziati.

Evidenti criticità presenta il credito d’imposta sulle locazioni, disposto dall’articolo 65: l’agevolazione, infatti, non può riguardare solo gli immobili in categoria C/1. Bisogna considerare anche le tante attività condotte in affitto d’azienda (che oggi sono escluse, come confermato dal Mef). E non si capisce perché i lavoratori autonomi siano tagliati fuori da questo bonus. L’aiuto, inoltre, dovrebbe riguardare tutte le imprese in grado di certificare un calo del fatturato per effetto del coronavirus, e non solo quelle toccate dalla formale sospensione dell’attività.

Andrebbe migliorata anche l’altra misura di sostegno alle partite Iva: il bonus di 600 euro. Al quale si affianca il cosiddetto «Reddito di ultimo istanza» (articolo 44 del Dl 18/2020), che destina 200 milioni ai professionisti ordinistici e che solo sabato - e solo per questi soggetti - ha trovato regole e criteri d’accesso con il Dm Lavoro-Economia.

Ma non solo. C’è da chiedersi se sia stata giusta la scelta di riconoscere, per il mese di marzo, la stessa cifra di 600 euro a tutti i potenziali beneficiari. L’indennità piatta viene così attribuita senza considerare importanti variabili: ad esempio, la differenza tra chi ha tenuto aperta l’attività e chi invece l’ha dovuta sospendere. Per non parlare delle differenze reddituali che vi sono tra i destinatari degli aiuti: è giusto che un co.co.co. che guadagna 200mila euro annui percepisca la stessa indennità di chi ne guadagna 10mila?

Occorre maggior coraggio e semplicità. Il quadro delle proroghe e della sospensione dei versamenti per le imprese disegnato dal decreto “cura Italia”, tra distinguo soggettivi e oggettivi e coordinamenti normativi, è degno del “lunare” modello 740 del 1992. Ci vuole più linearità.

La leva fiscale è efficace se le misure sono concrete e monetizzabili. Pensare che dalla crisi si possa uscire grazie (anche) al credito d’imposta delle differite attive sulle perdite fiscali non utilizzate, se si cedono pro soluto i crediti deteriorati, ecco, forse è un approccio che pecca di eccessivo ottimismo.