Imposte

Il «peso» della presenza di altri redditi

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di Giorgio Gavelli

Concentrando l’attenzione sui calcoli di convenienza, sono diverse le variabili in gioco, non senza premettere che sarebbe sbagliato limitarsi a confrontare la tassazione “con Iri” e “senza Iri” dimenticandosi che, nella quasi totalità delle ipotesi, l’apparente vantaggio immediato comporterà un successivo assoggettamento a Irpef proporzionale (e relative addizionali) dei prelievi. Si tratta di un errore paragonabile a quello che commetterebbe un socio di srl ordinaria valutando solo l’Ires e trascurando l’imposizione sul dividendo. Le variabili da considerare appaiono:

1 • la tendenza dell’impresa a produrre, per tempi non brevi, utili superiori alle esigenze del titolare o dei soci;

2 • l’ammontare di oneri indeducibili ai fini dell’imposizione diretta;

3 • il “plafond” di utili già tassati per trasparenza e non prelevati al momento di ingresso nel regime (riserve pregresse);

4 • la presenza o meno di altri redditi personali per il titolare o i soci.

In merito al punto 1, più è ampia la forbice temporale tra reddito prodotto e utili prelevati, più si conserva il beneficio della momentanea sostituzione della tassazione progressiva con quella sostitutiva proporzionale. Contrariamente, gli stessi esempi della relazione alla legge di Bilancio mostrano che elevati prelievi azzerano ogni beneficio, fino al punto da rendere in alcuni casi l’imposizione complessiva temporaneamente maggiore dell’ipotesi in cui non si fosse optato per l’Iri.

Circa il punto 2, come sostenuto dalla relazione governativa, «i redditi d’impresa eccedenti la misura dell’utile d’esercizio in modo definitivo restano assoggettati esclusivamente a Iri, dal momento che non potranno essere oggetto di prelevamento, analogamente a quanto avviene con riferimento alla tassazione Ires». Sembra, quindi, di poter concludere che maggiori sono abitualmente gli oneri indeducibili (costi auto, Imu ecc.), maggiore sarà il risparmio in termini di sostituzione dell’aliquota proporzionale con quella progressiva.

Le riserve di utili preesistenti al momento del passaggio all’Iri interessano perché, stante la priorità nel prelievo disposta dal comma 6, allontanano nel tempo l’imposizione proporzionale, al punto che non sarà raro che alcune imprese in regime Iri, per diversi periodi d’imposta a partire dal 2017, si trovino a pagare solo il 24% sul reddito d’impresa.

Infine, la presenza o meno di altri redditi personali da parte del titolare, dei collaboratori familiari e dei soci è importante ai fini della scelta, e non solo per gli eventuali oneri deducibili/detraibili, il cui sfruttamento è fisiologicamente “a rischio” ogniqualvolta si opta per un regime sostitutivo (la “cedolare” sugli affitti insegna) o per la compensabilità tra redditi Iri e altre perdite d’impresa (presumibilmente a quadro RH). Ma quanto perché, conoscendo le altre fonti reddituali, è possibile sfruttare una delle peculiarità del sistema IRI, ossia la possibilità di dosare, attraverso i prelievi, l’imposizione progressiva, un po’ come per i dividendi dei soci qualificati.

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