Il ravvedimento abbatte le sanzioni sulla dichiarazione di successione omessa
L'imposta di successione, a differenza delle imposte dirette, non è autoliquidata dal contribuente, ma è determinata dall’agenzia delle Entrate a seguito delle verifiche operate sulla dichiarazione di successione inviata dallo stesso contribuente.
La denuncia, infatti, deve essere presentata dall’erede o dai soggetti legittimati (per esempio, legatari o curatore dell’eredità giacente) entro 12 mesi dall’apertura della successione che generalmente coincide con la data del decesso.
Le violazioni che possono essere commesse riguardano sia la dichiarazione in sé che i versamenti connessi. In particolare, il soggetto obbligato può omettere o compiere infedeltà dichiarative oppure eseguire il versamento delle imposte dovute solo parzialmente oppure ancora ometterlo. In tutte queste ipotesi, è comunque possibile ricorrere al ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del Dlgs 472/1997. Va, tuttavia, specificato che ai fini della regolarizzazione delle violazioni dichiarative è necessario attendere l’avviso di liquidazione dell’agenzia delle Entrate, considerata l’impossibilità di autoliquidarsi gli importi dovuti.
Inoltre, si ritiene che, in assenza di chiarimenti ufficiali, per le violazioni relative all’imposta di successione, il contribuente possa beneficiare di tutte le riduzioni previste dall’articolo 13 del Dlgs 472/1997, in quanto si tratta di un tributo amministrato dall’agenzia delle Entrate.
Entrando nello specifico, per le dichiarazioni omesse l’articolo 50 del Dlgs 346/1990 prevede le seguenti sanzioni:
•dal 120 al 240% nel caso siano dovute maggiori imposte;
•da 250 a 1.000 euro, se non sono dovute le imposte.
Qualora la denuncia venga presentata con un ritardo di 30 giorni, sono previste, rispettivamente, le seguenti riduzioni: dal 60% al 120% e da 150 a 500 euro.
Pertanto, nell’avviso di liquidazione emesso dall’Amministrazione finanziaria, verranno esposti i seguenti importi:
•le imposte eventualmente dovute;
•le sanzioni come sopra individuate ridotte, per effetto dell’applicazione del ravvedimento, a seconda di quanto è avvenuta la regolarizzazione e, quindi, l’invio della dichiarazione precedentemente omessa;
•gli interessi.
Relativamente, invece, all’infedeltà dichiarativa occorre fare riferimento all’articolo 51 del Dlgs 346/1990, il quale prevede una sanzione amministrativa dal 100 al 200% della differenza di imposta, non applicabile qualora il maggior valore accertato dei beni e dei diritti non superi di un quarto quello dichiarato. Se l’errore o l’infedeltà attengono a dati o elementi non incidenti sulla determinazione del tributo, si applica la sanzione da 258 a 1.032 euro.
Infine, se le violazioni riguardano il versamento del tributo, si applicano le "classiche" sanzioni di cui all’articolo 13 del Dlgs 471/1997, il quale irroga le seguenti misure sanzionatorie:
•30%, se la regolarizzazione avviene oltre 90 giorni;
•15%, se il versamento è eseguito entro 90 giorni;
•15% ridotto a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo, per le regolarizzazioni entro 15 giorni dalla scadenza.
Le precedenti percentuali, poi, saranno ridotte per l’applicazione del ravvedimento, potendo beneficiare di tutte le riduzioni previste dalla disciplina ex articolo 13 del Dlgs 472/1997 (da 1/10 a 1/5).
Per approfondire: «Il ravvedimento del contribuente – Guida alla regolarizzazione spontanea degli errori o degli illeciti fiscali», a cura di Sonia Pucci e Pierpaolo Ceroli.