Il refuso non inficia la pretesa impositiva se il contribuente può comprenderne le ragioni
Il refuso contenuto nell’avviso di accertamento non inficia la pretesa impositiva, se il contribuente è comunque in grado di comprenderne le ragioni sulla base dell’intero contenuto dell’atto, cosicché non sia precluso il suo diritto di difesa. È questo il principio desumibile dall’ ordinanza 27307/2019 della Cassazione .
Nel caso esaminato, l’amministrazione finanziaria, nell’atto impositivo, aveva erroneamente utilizzato dei riferimenti temporali ascrivibili invero a un precedente atto, anziché quelli corretti relativi all’avviso in oggetto, contestando così la debenza di tributi relativi a periodi d’imposta non riguardanti l’accertamento.
La Suprema corte, riprendendo alcuni suoi arresti pregressi, ha stabilito che non ogni vizio formale dell’atto tributario è idoneo a provocarne la caducazione. Nel caso in oggetto, i giudici di merito avevano sbagliato a bocciare l’accertamento, senza verificare se l’errore contenuto in esso inficiasse o meno la pretesa e rendesse impossibile la comprensione delle sue ragioni.
In effetti - secondo la Cassazione - l’errore compiuto dal Fisco nell’atto impositivo non aveva precluso al contribuente la tutela dei suoi diritti, e tale errore - meramente formale - non poteva di per sé costituire una causa di invalidità del provvedimento.
Inoltre, il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio: ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cassazione 19750/2014).
L’ordinanza 27307/2019 si pone dunque sulla scia di una seppur datata decisione della Cassazione, secondo cui l’eventuale discordanza tra i dati identificativi del destinatario come indicati nell’atto e quelli del soggetto cui l’atto viene notificato può comportare la nullità dell’avviso di accertamento soltanto quando tale discordanza sia tale da determinare, in concreto, un’incertezza assoluta sul soggetto destinatario della pretesa tributaria: ne discende che nel caso in cui l’incertezza sull’individuazione del destinatario non sia assoluta, potendo la discordanza che vi dà causa essere superata alla luce del complessivo contenuto dell’accertamento e di ogni altro elemento identificativo da esso risultante, non si verifica alcuna ipotesi di nullità (Cassazione 14876/2007).
Del resto, l’articolo 21-octies della legge 241/1990 dispone che è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza, mentre non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Cassazione, ordinanza 27307/2019




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