Controlli e liti

Il Registro non influenza il reddito

di Adriano Pischetola

Un maggior reddito non può essere desunto dal valore accertato ai fini dell’imposta di registro. Ciò anche per le cessioni poste in essere prima della entrata in vigore del Dlgs 147/2015.

La Cassazione, pronunciandosi con l’ordinanza 9513/2018, in riferimento a una cessione di terreno edificabile oggetto di un accertamento di valore ai fini della sola imposta di registro, riconferma una linea di pensiero ormai consolidata (7488/2016, 22221/2016, 13571 /2017, 1823/2017), in ordine alla retroattività dell’articolo 5, comma 3 del Dlgs 147/2015. Per le cessioni di immobili e di aziende, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale (e quindi non può formare oggetto di maggior imposizione sul reddito del soggetto cedente).

Nonostante la formulazione letterale cui è ricorso il legislatore (le norme ...”si interpretano'”, spesso la Suprema corte è dovuta intervenire per precisare che, in quanto interpretativa, la norma trova applicazione anche a situazioni giuridiche pregresse (purché non definite), in ciò anche evocando quanto la Consulta (sentenza 246/1992) ha evidenziato nel collegamento essenziale tra retroattività e norma interpretativa. Traspare in modo netto , proprio in ragione della locuzione utilizzata, - sostengono i supremi giudici - l'intendimento del legislatore di attribuire alla norma efficacia retroattiva, reso ancor più evidente dal fatto che proprio nella medesima norma si disciplina l'entrata in vigore di un’altra disposizione (richiamata al comma 1), ma non quella di cui qui si discute, contenuta nel comma 3.

Del resto ciò collima con la ratio del decreto 147/2015. Come si legge anche nella relazione illustrativa già elaborata nel corso dei lavori parlamentari, esso vuole costituire uno strumento per «rendere il nostro Paese maggiormente attrattivo e competitivo per le imprese, italiane o straniere, che intendono operare in Italia». E tra le altre strade indicate dal decreto, si profila quella di «creare un quadro normativo quanto più certo e trasparente per gli investitori» e ciò per «eliminare alcune distorsioni del sistema».

Il comma 3, articolo 5 del decreto ha inteso superare, evitando automatismi che sembravano fondati solo su di un indimostrato principio di «uniformità» del quadro normativo fiscale e di «vincolatività» delle procedure finalizzate al realizzo della pretesa fiscale.

Proprio in questa prospettiva, la medesima relazione illustrativa (così come la nota di lettura 90 del decreto reperibile tra gli atti dei lavori parlamentari) ne ribadiscono la natura «interpretativa» (e quindi la sua applicabilità anche a situazioni pregresse non ancora definite al momento dell'entrata in vigore).

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