Il ricorso dell’ex liquidatore fa scattare l’obbligo del contributo unificato
La sola proposizione del ricorso fa sorgere l’obbligazione tributaria al pagamento del contributo unificato tributario (Cut) e a nulla rilevano le vicende del procedimento (o la sua estinzione per ogni tipo di causa). La debenza del contributo unificato, dovuto ai sensi dell’articolo 9 del Dpr 115/2002 (come modificato dall’articolo 37, comma 6, lettera b, n. 1, del Dl 98/2011) attiene all’iscrizione al ruolo per ciascun grado di giudizio nelle varie tipologie dei processi, civile, amministrativo e tributario.
Lo afferma la sentenza della Ctp di Treviso n. 542/1/2016, nel respingere il ricorso di un contribuente che si era costituito in giudizio avverso l’atto di intimazione di pagamento del contributo unificato, che aveva omesso di effettuare relativamente a un ricorso presentato il 14 aprile 2015 in proprio, quale ex socio ed ex liquidatore di una società, estintasi il 3 ottobre 2014 a seguito della cancellazione dal registro delle imprese. Secondo i giudici di prime cure, il ricorrente sbaglia a non pagare sulla «presunta fondatezza dell’azione giudiziaria a suo tempo proposta: sbaglia perché l’obbligazione tributaria riferita al contributo unificato è autonoma rispetto all’obbligazione tributaria contenuta nell’atto impugnato».
Il Cut è determinato nelle misure – per scaglioni – di cui al successivo articolo 13, comma 6 quater, sul valore della controversia, invece definito dall’articolo 12, comma 2 del Dpr 546/92 (a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 9, comma 1, lettera c), Dlgs 156/2015).
Il giudice del territorio osserva che il caso attiene «alle primissime controversie in materia di contributo unificato», sebbene – ad esempio – la sentenza della Cassazione 27331/2016 abbia stabilito che «il contributo unificato atti giudiziari costituisce un’obbligazione ex lege gravante sulla parte soccombente per effetto della condanna alle spese, sicché, anche in caso di mancata menzione da parte del giudice, la relativa statuizione include, implicitamente, l’imposizione della restituzione alla parte vittoriosa di quanto versato, senza che si renda necessaria alcuna correzione, per errore materiale, del provvedimento giudiziale, restando il pagamento verificabile, anche in sede esecutiva, con la corrispondente ricevuta» (Cassazione 18828 del 2015)».
Cassazione, sezione V civile, sentenza 27331 del 29 dicembre 2016
Ctp Treviso, sentenza 542/1/2016 depositata il 25 novembre 2016