Imposte

Il ruling sul patent box aiuta la rivalutazione dei beni immateriali

L’accordo con il fisco potrebbe fornire elementi per quantificare il contributo economico dei beni immateriali non riscontrabili dall’attivo di bilancio

di Fabio Rousset e Simone Suma

L’accordo di ruling con il fisco potrebbe supportare l’esistenza di beni immateriali, anche se non iscritti in bilancio. L’articolo 110 del Dl 104/2020 (decreto Agosto), in corso di conversione, ha introdotto la possibilità di rivalutare i beni d’impresa, a esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa, che risultano dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

Il regime di rivalutazione, seppur ricalcando l’impianto normativo delle precedenti discipline, offre alcuni elementi di novità si sicuro interesse, come la possibilità di effettuare la rivalutazione distintamente per ciascun bene (e non per categorie omogenee di beni) a fronte del versamento di un’imposta sostitutiva ai fini Ires e Irap del 3 per cento.
Da un punto di vista oggettivo possono essere rivalutate, purché risultanti in bilancio:
1) le immobilizzazioni materiali (ammortizzabili e non ammortizzabili);
2) le immobilizzazioni immateriali, costituite da beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati (come, ad esempio, i brevetti industriali, i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, i diritti di concessione, licenze, marchi, know-how, eccetera);
3) le partecipazioni in società controllate o collegate (ex articolo 2359 del Codice civile) che costituiscono immobilizzazioni finanziarie.

Per quanto riguarda i beni completamente ammortizzati, si intendono posseduti - ai fini della rivalutazione - se risultanti dal bilancio o rendiconto oppure, per i beni immateriali, se gli stessi risultano ancora «tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni in materia» (articolo 2, comma 2, del Dm 162/2001).

Tuttavia, né la norma istitutiva né le relative disposizioni attuative regolano il caso dei beni immateriali mai iscritti nell’attivo patrimoniale in quanto le relative spese sono transitate dal conto economico. Per rispondere a questo interrogativo, è possibile richiamare quanto affermato da Assonime, a commento delle precedenti leggi di rivalutazione (circolare 13/2001, paragrafo 6), secondo cui la condizione della protezione legale per i beni immateriali completamente ammortizzati sarebbe necessaria “per agganciare ad elementi di certezza, al di là delle risultanze contabili, la rivalutazione dei beni la cui esistenza, in effetti, non è riscontrabile sul piano fisico ma solo su quello giuridico”. Sulla scorta di queste considerazioni, la tutela giuridica rappresenterebbe l’elemento sostanziale per riconoscere o meno l’esistenza di beni immateriali e la relativa rivalutazione. In presenza di questa condizione, quindi, sarebbe ragionevole equiparare la fattispecie degli intangibles completamente ammortizzati e quella dei beni immateriali mai capitalizzati, e quindi iscritti, nell’attivo patrimoniale.

A supporto di questa tesi, viene richiamata la posizione espressa dall’agenzia delle Entrate con riferimento a fattispecie che, seppur diverse della rivalutazione legale, presentano effetti tali da poter esservi assimilate su un piano sostanziale. Con la nota 44434/99, la Dre Lombardia ha ammesso la possibilità di utilizzare il disavanzo di fusione (da annullamento e da concambio) «per l’iscrizione, nel bilancio della società incorporante, sia di una voce a titolo di avviamento, sia per la rivalutazione dei beni immateriali, documentalmente esistenti, in capo alla società incorporata», a prescindere dal fatto che questi ultimi non risultassero valorizzati nella contabilità dell’incorporata. Questo orientamento è stato altresì riconosciuto dalla Cassazione, nel caso di allocazione del disavanzo di fusione per la rilevazione di know-how in capo all’incorporante, seppur non iscritto nel bilancio dell’incorporata (si veda la sentenza 12308/2006).

Aderendo alla ricostruzione sopra esposta, ci si potrebbe peraltro chiedere quali altri elementi, oltre alla tutela giuridica, possano supportare l’esistenza dei beni immateriali che, ancorché non rinvenibili dall’attivo patrimoniale, fanno parte dell’impresa. Un ausilio potrebbe essere ad esempio offerto dall’opzione per il regime del patent box (articolo 1, commi 37-45, della legge 190/2014 e Dm 28 novembre 2017), in particolare qualora, per agevolare il regime impositivo e determinare il contributo economico di alcune tipologie di beni immateriali, sia stato sottoscritto un accordo con l’agenzia delle Entrate.

In questi casi, l’accordo di ruling con il fisco potrebbe fornire elementi atti a quantificare il contributo economico dei beni immateriali non riscontrabili dall’attivo di bilancio, i quali opererebbero in sinergia con la condizione sostanziale della tutela giuridica, quale driver per accertare la loro esistenza nel patrimonio dell’impresa.


Per saperne di piùRiproduzione riservata ©