Diritto

Il sistema di allerta potrebbe far scattare la segnalazione

Gli indicatori del Codice della crisi potrebbero mettere a repentaglio le deroghe concesse alle società in perdita da Covid.

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di Pierpaolo Ceroli e Andrea Marchegiani

La possibilità di differire la riduzione del capitale sociale per le perdite d’esercizio conseguite nell’anno 2020 nei cinque anni successivi se da un lato mette al riparo le aziende dal prendere provvedimenti immediati (non ultima la messa in liquidazione), dall’altro pone diversi interrogativi su come la novità introdotta dall’articolo 1 comma 266 della legge di Bilancio 2021 (la 178/2020) si concili con l’entrata in vigore del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza che scatterà il primo settembre 2020.
Se non ci saranno ulteriori rinvii (la scadenza originaria era il 15 agosto 2020) a settembre diventeranno infatti operative le nuove procedure di allerta che in caso di patrimonio netto negativo possono innescare l’obbligo di segnalazione all’Ocri, il nuovo Organismo di composizione assistita della crisi previsto dal Codice della crisi.
Tralasciando le modifiche e l’introduzione “anticipata” di alcune norme del Dlgs 14/2019 (transazione fiscale e sovraindebitamento), l’impianto che disciplina gli strumenti di allerta, è sostanzialmente invariato.
In questo contesto, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ha elaborato ad ottobre 2019 gli indicatori della crisi, tutt’ora al vaglio del ministero per lo Svuluppo economico.
In estrema sintesi , si tratta di un sistema che va applicato sulla base di una precisa sequenza gerarchica progressiva in cui il superamento del valore soglia del primo indice, patrimonio netto (Capitale sociale più Riserve) negativo, rende ipotizzabile la presenza della crisi.
Lo stato di crisi mette quindi in moto la procedura di segnalazione che può arrivare all’Ocri, nel caso in cui i provvedimenti adottati dalla governance siano considerati inadeguati.
È evidente quindi che a seguito della pandemia molte società potrebbero vedersi eroso totalmente il proprio patrimonio netto dovute alle perdite d’esercizio del 2020 e ricorrere, in sede di approvazione del bilancio, al rinvio di tali perdite per non dover intervenire nell’immediato, potendo posticipare, come visto, al maggior termine dei cinque anni.
Tuttavia, nel caso di una simile “scelta”, a settembre (se non vi saranno modifiche e/o proroghe), l’introduzione degli indici potrà mettere a repentaglio il “beneficio” normativo introdotto dalla legge di bilancio 2021.
In questo contesto potrebbero essere messe in atto misure per scongiurare ad arrivare ad avere un patrimonio netto negativo a seguito delle perdite maturate nel 2020, ricorrendo a due norme introdotte con il cosiddetto decreto agosto (104/2020).
La prima, è quella contenuta nell’articolo 60, commi da 7bis al 7quinquies, la quale prevede la facoltà di non applicare gli ammortamenti all’esercizio 2020 mentre l’altra è quella contenuta nel successivo articolo 110 come integrato dall’articolo 1, comma 83 della citata legge 178/2020 che permette per ogni singolo bene (e non per categoria omogenea) la rivalutazione sia solo civilistica che fiscale, con una imposta sostitutiva del 3%, o di entrambe. È evidente che la combinazione congiunta di queste norme potrebbe evitare di incorrere nella segnalazione sebbene sarebbe auspicabile un rinvio della norma degli strumenti di allerta a periodi più favorevoli.

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