Il valore rivalutato del bene d’impresa non può superare quello di mercato

Il valore rivalutato del bene non può superare il valore di mercato che nel quesito è citato per 200, quindi, incrementando il costo storico a 300 con un fondo inalterato di 80, si avrebbe un valore del bene pari a 220 che eccede il valore corrente. Ciò a meno che la quota di ammortamento 2020 sul costo storico, che va rilevata prima della rivalutazione, non sia pari a 20, nel qual caso si avrebbe un fondo di 100 con un valore netto contabile a 200, quindi rispettoso del tetto stabilito. Questa impostazione è ritenuta corretta da chi scrive poiché il valore del bene è determinato dalla somma algebrica del dato lordo iscritto nell’attivo meno fondo di ammortamento (che non è una posta del passivo bensì una posta che immediatamente rettifica l’attivo). Questa impostazione, tuttavia, è messa in dubbio da talune tesi che promanano dal mondo della revisione legale, secondo cui il valore lordo del bene iscritto nell’attivo non potrebbe superare il costo di sostituzione, che è altro, e di regola, più elevato del valore corrente del bene da rivalutare. Questa tesi sembra recepita anche dall'agenzia delle Entrate, in questo senso si veda la circolare 11/E del 19 marzo 2009. Ponendo che il costo di sostituzione sia di 210, ne deriverebbe che il bene potrebbe essere iscritto nell'attivo per un massimo di 210 e al fine di pervenire al valore corrente sarebbe necessario ridurre il fondo a 10 (dopo lo stanziamento della quota di ammortamento 2020). Quest'ultima modalità è forse più prudente, anche se va rilevato che così operando non viene rispettata la regola secondo cui la rivalutazione non dovrebbe allungare la vita utile del bene.

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