Illegittimo l’accertamento induttivo che non tiene conto dei diversi prodotti venduti
Nell’ambito dell'accertamento induttivo dei redditi, la Cassazione, con la sentenza n. 20045 del 7 ottobre, ha ritenuto illegittimo, perché illogico, in assenza di irregolare tenuta delle scritture contabili, l'atto impositivo fondato sulla media semplice, anziché ponderale, che non tiene conto dei diversi tipi di prodotti venduti.
La questione origina da un accertamento induttivo con il quale un Ufficio finanziario recuperava a tassazione maggiori ricavi e costi indeducibili nei confronti di un commerciante all’ingrosso di lana.
La Commissione tributaria provinciale respingeva il ricorso dell'imprenditore, mentre il giudice di appello, accogliendone il successivo gravame, ha ritenuto non corretto il metodo della percentuale della media semplice – applicato dall’Ufficio all’arco temporale 1994/1999 – in luogo di quello della media ponderata dichiarata dal contribuente, in quanto esso non teneva conto dei diversi tipi di prodotti venduti.
In questo caso, secondo la Commissione tributaria regionale, in presenza di una documentazione contabile regolarmente tenuta, la determinazione di maggiori ricavi non poteva essere effettuata sulla base delle differenti percentuali di ricarico.
Nel ricorso in Cassazione, l’Amministrazione eccepisce, tra l’altro, l'insufficiente motivazione della sentenza impugnata proprio in ordine alla questione della percentuale di ricarico applicata per la rideterminazione di maggiori ricavi.
Per la Corte Suprema la doglianza è infondata, avendo i giudici del gravame, con motivazione logica e coerente, «espressamente escluso la legittimità della metodologia applicata dall'Ufficio – media semplice in luogo della media ponderata – in rapporto alla possibile differente tipologia di prodotti».
Con riferimento all'accertamento analitico-induttivo previsto dall'articolo 39, comma 1, lettera d), ultimo periodo, del Dpr n. 600 del 1973, la Cassazione ha precisato che quando esso è fondato su gravi discordanze è necessario che, soprattutto in caso di contabilità regolare, l'accertamento dei maggiori ricavi basato sulla difformità della percentuale di ricarico applicata dal contribuente, rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza, raggiunga livelli di abnormità, tali da privare la documentazione contabile di ogni attendibilità. In caso contrario, lo scostamento di lieve entità potrà valere solo come mero indizio (sentenza n. 15038 del 2014).
Con riferimento alla possibilità per l'Ufficio finanziario di applicare, nella ricostruzione del volume dei ricavi, la media di ricarico semplice piuttosto che quella ponderata, la consolidata giurisprudenza di legittimità ha chiarito che tale valutazione non costituisce oggetto di specifica previsione legislativa, rimanendo pertanto escluso che la scelta di uno piuttosto che dell'altro metodo possa integrare una violazione di norme di diritto, tuttavia, la scelta da parte dell'Amministrazione finanziaria del criterio di determinazione della percentuale di ricarico deve rispondere a canoni di coerenza logica e congruità che devono essere esplicitati attraverso adeguato ragionamento, essendo consentito il ricorso al criterio della “media aritmetica semplice” in luogo della “media ponderale” quando risulti l'omogeneità della merce, ma non quando fra i vari tipi di merce esista una notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentino una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio (Cassazione, sentenza n. 27822 del 2013; n. 10148 del 2010; n. 14328 del 2009; n. 979 del 2003).
Più di recente, la Corte Suprema ha ritenuto illegittimo l'accertamento induttivo determinato per media semplice, anziché ponderale, desunta da dati riferiti ad una sola giornata di attività aziendale per di più risalente a due anni prima rispetto a quella cui si riferisce l'accertamento in cui ne viene fatta applicazione (sentenza n. 19074 del 2014).




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