Imposte

Immobili all’estero, il modello Redditi fissa l’importo dell’Ivie

Per la base imponibile si considera il costo dell’atto d’acquisto o, in assenza, il valore di mercato

di Alberto Crosti e Stefano Vignoli

Il modello Redditi 2021 fa i conti anche con le novità sull’imposta sul valore degli immobili all’estero (Ivie). Sono soggetti passivi la generalità delle persone fisiche ad eccezione dei neo-residenti con opzione per l’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 24-bis del Tuir che beneficiano dell’esonero per Ivie e Ivafe nonché per la compilazione del quadro RW. Ma l’anno d’imposta 2020 è inoltre la prima annualità in cui l’imposta riguarda anche gli altri soggetti tenuti agli obblighi in materia di monitoraggio fiscale previsti all’articolo 4, comma 1, del Dl 167/1990, ovvero enti commerciali e società semplici ed equiparate.

Al contrario, il 2020 rappresenta l’ultimo anno in cui sarà possibile versare l’Ivie per gli immobili detenuti in Gran Bretagna utilizzando il valore determinato ai fini del calcolo della Council tax: tra gli effetti indesiderati della Brexit l’Agenzia ha infatti precisato (Telefisco 2021) che, dall’anno in corso, non si potrà più fare riferimento ai valori individuati ai fini del versamento dei tributi municipali.

Per chi ha recentemente comprato un appartamento prestigioso a Londra il rincaro Ivie sarà notevole: se fino al 2020 si riteneva possibile far riferimento al valore determinato nella «Band H», limite della fascia più elevata ai fini dei tributi municipali (anche se non risultano chiarimenti dell’Agenzia), dal 2021 occorrerà versare lo 0,76% del prezzo di acquisto senza possibilità di scomputo di quanto versato a titolo di Council tax. Infatti il valore individuato per la Council tax è utilizzabile (fino al 2020) per la determinazione della base imponibile ma non costituisce imposta patrimoniale detraibile dall’Ivie.

La base imponibile su cui calcolare l’Ivie, pari allo 0,76%, è il costo risultante dall’atto di acquisto, anche a titolo di donazione o di successione e, in assenza, il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile. In luogo dell’aliquota dello 0,76% è prevista un’aliquota agevolata dello 0,4% per le abitazioni principali all’estero: ipotesi difficilmente conciliabile con la residenza fiscale in Italia e, di fatto, raramente applicabile. Sulla base dei dati disponibili delle statistiche fiscali del dipartimento Finanze relativi all’ Ivie nell’anno d’imposta 2019 (modello Redditi 2020), circa 105.500 soggetti hanno dichiarato di detenere immobili all’estero per un valore di circa 26,7 miliardi di euro , valore allineato all’anno precedente. L’Ivie teorica avrebbe dovuto raggiungere circa 202 milioni, in effetti quella dichiarata ammonta a circa 77,8 milioni di euro, ossia circa un terzo: differenza giustificabile se non altro per le deduzioni riconosciute. Inoltre il valore di 26,7 miliardi di euro potrebbe essere sottostimato all’effettivo valore di beni immobili detenuti all’estero stimabile in circa 50 miliardi.

Per gli immobili situati in Europa o nei Paesi aderenti alla See è inoltre possibile fare riferimento al valore catastale sempre che nello Stato estero esista tale valore.

Per la Francia, principale paese destinatario degli investimenti immobiliari dei residenti in Italia, la circolare 28/E/2012 ammette la possibilità di determinare la base imponibile ai fini Ivie applicando il moltiplicatore 160 al reddito medio ordinario (Rmo) pari al 50% della base imponibile ai fini della taxe d’habitation. Sulla base di comparazioni di fatto il valore risultante supera quasi sempre il valore alternativo ai fini Ivie.

Per un elenco dei valori utilizzabili e delle imposte di natura similare all’Ivie da poter detrarre, è possibile fare riferimento alla lista individuata nella citata circolare dalla quale emerge, ad esempio, che per gli immobili in Francia sono accreditabili la taxe foncière e l’imposta sulla fortuna immobiliare.

Dai criteri utilizzati emerge come un identico investimento immobiliare possa subire tassazioni sensibilmente diverse da un Paese all’altro e, per i Paesi che non applicano un valore espressivo del reddito medio ordinario, una grave disparità di trattamento per chi ha acquistato in epoche diverse, disparità che pare rimanere anche nel caso della Francia pur potendo fare riferimento al Rmo.

Dato che l’Ivie è dovuta dall’usufruttuario, commisurandosi al valore dichiarato nell’atto, la separazione tra usufrutto e nuda proprietà permette di abbattere sensibilmente la base imponibile Ivie, in particolare se l’usufruttuario ha un’età avanzata. Questo “beneficio” fiscale non è invece concesso nel caso di immobile sito in Italia, dove l’Imu ha come base di riferimento il valore catastale, non influenzato dalla separazione della proprietà tra usufrutto e nuda proprietà: trattasi di una delle molteplici divaricazioni tra Ivie e Imu.

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