Immobili, leasing e quote: il risiko fiscale dei professionisti sul giusto imponibile
Le anomalie nella determinazione del reddito per i professionisti colpiscono gli studi e le aggregazioni
La determinazione del reddito dei professionisti è diventata un autentico ginepraio, anche per l’avvicinamento negli ultimi anni delle regole del reddito di lavoro autonomo a quelle d’impresa. Si pensi alla rilevanza di plusvalenze e minusvalenze relative ai beni strumentali. Si è realizzato così un quadro normativo poco coordinato che ha senz’altro necessità di una rivisitazione. La prossima Legge di bilancio, che dovrebbe iniziare a delineare anche la riforma fiscale, potrebbe essere l’occasione utile.
Gli immobili
Una prima incongruenza riguarda gli immobili strumentali (gli studi dei professionisti, in pratica). La norma (articolo 54, comma 2 del Tuir) ammette la deduzione dei canoni di locazione finanziaria relativi a questi beni (in un periodo non inferiore a 12 anni, a prescindere dalla durata del contratto). La medesima norma prevede anche la deduzione delle quote di ammortamento degli immobili strumentali di proprietà. Tuttavia, in base ai documenti di prassi (circolare n. 38/E/2010), risulterebbero deducibili soltanto gli ammortamenti relativi agli immobili di proprietà acquistati o costruiti fino al 14 giugno 1990 (articolo 1, comma 1, lettera g, del Dl 90/1990) oppure acquistati nel triennio 2007-2009 (articolo 1, comma 335, della legge 296/2006).
Secondo l’Agenzia, la disposizione sarebbe temporanea, dato che la legge 296/2006 si applica soltanto per immobili strumentali acquistati tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2009.
Ma l’interpretazione non può essere condivisa. Innanzitutto perché la norma “a regime” dell’articolo 54 prevede la possibilità di dedurre le quote di ammortamento e poi perché l’interpretazione dell’Agenzia risulta certamente non sistematica in quanto contraria al principio di equivalenza fiscale tra l’acquisizione in proprietà e quella in leasing.
Un’ulteriore diretta conseguenza di questa asimmetria riguarda le spese di manutenzione degli immobili. La norma prevede che le spese relative all’ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione dei fabbricati strumentali, che per loro caratteristiche non sono imputabili ad incremento del costo dei fabbricati stessi, siano deducibili nel limite del 5% di tutti i beni ammortizzabili, con l’eccedenza che risulta deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi. Ma le spese incrementative non sarebbero deducili se si accetta la tesi dell’Agenzia secondo cui per gli immobili in proprietà non sono ammesse in deduzione le quote di ammortamento: le spese non possono essere portate a incremento di un valore che fiscalmente non esiste.
Invece, le soluzioni possibili sono due. La prima è che le spese vengano portate a incremento del costo degli immobili e si deducano i maggiori ammortamenti. L’altra è che se si sceglie di non dedurre gli ammortamenti, le spese risultano completamente deducibili (se inerenti) nell’anno di sostenimento. Ad ogni modo appare evidente l’irrazionalità della vicenda.
Il leasing
Così come altrettanto inaccettabile è la tesi dell’Agenzia (da ultimo, risposta interpello n. 209/2020) in base alla quale la cessione di un contratto di leasing (riguardante sia un bene mobile che immobile) verrebbe considerata cessione di un elemento immateriale.
I nuovi soci
Altra asimmetria riguarda la cessione delle “quote” di partecipazione a un’associazione professionale. La norma (articolo 67, comma 1, lettere c e c-bis, del Tuir) esclude la tassazione per le plusvalenze derivanti dal trasferimento delle quote di partecipazione delle associazioni professionali. L’esclusione però non riguarda, testualmente, le quote di una società semplice che svolge un’attività professionale. Ma è chiaro che l’esonero deve riguardare anche quest’ultima.
Gli esempi
Gli immobili
In base all’articolo 54 del Tuir, risultano deducibili sia la locazione finanziaria che gli ammortamenti relativi agli immobili strumentali. Tuttavia, per le Entrate gli ammortamenti non sarebbero deducibili in quanto la norma varrebbe solo per gli immobili acquistati nel triennio 2007-2009. L’interpretazione va contro il dato letterale della norma e non considera il principio di equivalenza fiscale tra l’acquisizione in proprietà e quella in leasing.
La manutenzione degli immobili
Le spese di ristrutturazione e manutenzione degli immobili strumentali, che non sono imputabili a incremento del costo degli immobili stessi, sono deducibili nel limite del 5% di tutti i beni ammortizzabili, con l’eccedenza deducibile nei cinque periodi d’imposta successivi. Ma se si accetta la tesi delle Entrate, secondo cui per gli immobili non si deducono quote di ammortamento, le spese di manutenzione incrementative non sarebbero deducibili. Non può essere così.
Le quote degli studi associati
L’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), del Tuir esclude da tassazione le plusvalenze derivanti dal trasferimento delle quote di partecipazione delle associazioni professionali. L’esclusione però non riguarda testualmente le quote di una società semplice svolgente attività professionale. Ma l’esonero deve riguardare anche quest’ultima, vista l’equiparazione reddituale delle associazioni professionali alle società semplici (articolo 5 del Tuir).
La neutralità delle aggregazioni
Non appare coerente un regime di neutralità fiscale per le sole operazioni straordinarie d'impresa, mentre i processi aggregativi degli studi professionali sarebbero sottoposti a imposizione, e questo, in particolare, anche quando l’attività economica continua a essere svolta dagli stessi professionisti, seppure con una diversa configurazione societaria: è il caso della trasformazione da studio associato o società semplice in Stp (o Sta).
Carlo Delladio
Sistema Frizzera