Imposte

Immobili da rivendere o in locazione: così l’impresa recupera l’ecobonus

Chi non ha sfruttato il bonus temendo un accertamento può riappropriarsene.

di Giorgio Gavelli

La marcia indietro delle Entrate sulla legittimità della detrazione da ecobonus per gli immobili locati e gli “immobili merce” posseduti dalle imprese (risoluzione 34/E/2020) non ha effetti solo sui contenziosi in corso ma anche sulla possibilità, per chi non ha sfruttato il bonus temendo di incorrere in un accertamento, di riappropriarsi di quanto a suo tempo rinunciato. Vediamo i vari passaggi.

Le imprese in contenziosoLe imprese che, negli anni passati, hanno “disubbidito” (anticipando le sentenze di Cassazione del 2019) alle risoluzioni 303/E/2008 e 340/E/2008, e hanno fruito dell’ecobonus anche su immobili costruiti per la rivendita oppure concessi in locazione, sono probabilmente in contenzioso con l’amministrazione finanziaria, dopo aver subito un recupero d’imposta. In questi casi occorre vigilare che gli uffici adempiano all’abbandono della pretesa (indebita) come richiesto dalla risoluzione 34/E/2020, e si pone il tema del recupero delle spese di lite (articolo 44, Dlgs 546/1992). Chi, invece, non è stato accertato non ha più nulla da temere, mentre chi ha pagato in via definitiva (prima o durante il contenzioso) ha purtroppo subito un danno non più recuperabile.

Mancata dichiarazione

Il caso forse più interessante è però quello delle imprese che, pur avendo tutti i requisiti per accedere al bonus, si sono astenute dal considerarlo in dichiarazione, perché si può aprire la fase in cui vanno valutate le possibilità di recupero. In primo luogo, la mancata indicazione del bonus nelle precedenti dichiarazioni non ha rilevanza, atteso che sin dai primi anni dei bonus casa l’Agenzia ha affermato (circolare 95/E/2000, par. 2.1.2) che ciò non impedisce né di fruire delle quote successive né di chiedere il rimborso delle precedenti (all’epoca si citava l’articolo 38 del Dpr 602/1973). Attualmente, l’articolo 2, comma 8, del Dpr 322/1998 consente di integrare le dichiarazioni presentate «per correggere errori od omissioni», mediante dichiarazione integrativa, da presentare, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione originaria, non oltre i termini di accertamento (articolo 43, Dpr 600/73). In questo caso (l’errore non è di natura contabile ma fiscale) l’importo derivante dal minor debito/maggior credito risultante dalla dichiarazione integrativa presentata può essere:- compensato in F24 (o richiesto a rimborso) se la correzione interviene sull'ultima dichiarazione presentata in ordine di tempo (normalmente si tratta del periodo d'imposta 2018);- inserito nel «quadro DI» della dichiarazione ordinaria presentata con riferimento all’anno in cui è presentata la dichiarazione integrativa ed utilizzato nell’ambito di tale dichiarazione ordinaria «per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa», come richiesto dal comma 8-bis per le correzioni successive a quelle di cui al punto precedente (si veda, da ultimo, Il Sole24 Ore del 10 febbraio 2020).

Adempimenti sì o no

Il vero problema, a ben vedere, consiste nell’aver effettuato correttamente gli adempimenti formali (in particolare la comunicazione all’Enea dopo la fine lavori) nonostante ci fosse il dubbio sull’utilizzo del bonus. Infatti, nel caso dell’ecobonus classico è possibile sanare l’omesso invio della comunicazione all’Enea solo con la cosiddetta “remissione in bonis” (ex articolo 2 Dl 16/2012), entro la scadenza della «prima dichiarazione utile», da intendersi come la prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente a quello che era previsto per la comunicazione all’Enea (circolare 13/2013 e risposta a Faq ecobonus 6E sul sito Enea). Questa agevolazione, in effetti, è differente da quella rientrante nell’ambito dei lavori edilizi di cui all'articolo 16-bis del Tuir, i quali (ex comma 2-bis dell’articolo 16 del Dl 63/2013) prevedono anch’essi una comunicazione all’Enea, la cui omissione, tuttavia, non comporta la perdita del diritto alla detrazione (risoluzione 46/E/2019). Nelle fattispecie interessate dalla “marcia indietro” delle Entrate, diventa determinate, quindi, cosa si è fatto nei novanta giorni successivi alla fine lavori, o, al limite, se si è ancora in tempo per ravvedere l’adempimento omesso in tale sede.

I CASI RISOLTI
L’impresa che recupera l’ecobonus
Nel 2018 Alfa Srl ha eseguito lavori di efficientamento energetico (meritevoli della detrazione del 65%) su alcuni immobili locati a terzi, eseguendo tutti gli adempimenti necessari compresa la comunicazione all’Enea a fine lavori
Al momento di presentare la dichiarazione, tuttavia, la detrazione non è stata (a titolo prudenziale) considerata.
Come è possibile recuperare la quota 2018 e applicare quelle spettanti dal 2019 in poi?
LA SOLUZIONE
Alfa Srl può presentare dichiarazione integrativa per l’anno 2018, inserendo la detrazione ed evidenziando un credito d’imposta.
Trattandosi dell’ultima dichiarazione ad oggi presentata, tale credito d'imposta, in base all’articolo 2, commi 8 e 8-bis, del Dpr 322/98, può essere già utilizzato in compensazione, per poi essere indicata come «credito del periodo precedente» nella dichiarazione del 2019, riportando gli utilizzi.
Nella dichiarazione 2019 andrà anche riportata la seconda quota della originaria detrazione.

Il privato che recupera l’irpef sulla plusvalenzaNel 2018 il sig. Bianchi ha ceduto un fabbricato fatiscente, posseduto da oltre 5 anni, a una società immobiliare che aveva in previsione di demolirlo per realizzare un centro residenziale. A titolo prudenziale il sig. Bianchi ha indicato la plusvalenza nel modello Redditi 2019 come derivante da cessione di area edificabile, ma, conoscendo la giurisprudenza della Cassazione, ha presentata istanza di rimborso delle relative imposte versate all’agenzia delle Entrate. Cosa deve fare?
LA SOLUZIONE

Avendo presentato istanza di rimborso (ex articolo 38 del Dpr 602/1973) – nel termine di 48 mesi dal versamento - il sig. Bianchi non deve fare nulla a livello dichiarativo.
Deve contattare l’agenzia delle Entrate per ottenere una risposta all'istanza(che non può che essere positiva alla luce della circolare 23/E/2020) al fine di evitare di presentare un ricorso ormai del tutto inutile. Qualora il contribuente avesse nel frattempo ricevuto un diniego di rimborso, avrebbe dovuto impugnarlo in Commissione tributaria provinciale nei termini di legge.

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