Imposta assicurazioni dimenticata dalla delega fiscale
Il Ddl di riforma non interviene sull’imposta sulle assicurazioni: restyling necessario sugli adempimenti e sulle sanzioni fuori rotta
La delega fiscale nell’ambito della riformulazione del sistema tributario nazionale pare essersi dimenticata, per ciò che concerne l’imposizione indiretta, di prevedere un doveroso restyling dell’imposta sulle assicurazioni. Vediamo perché.
L’imposta sulle assicurazioni è un tributo indiretto che riguarda le compagnie assicurative e che va ad innestare sul premio un’imposizione indiretta che dipende dalle caratteristiche dell’assicurazione in questione, prevedendosi a seconda dei casi differenti aliquote. Parliamo di una norma – la legge 1216 – che è sorta nel 1961, e che già solo questo motivo dovrebbe suggerire probabilmente la necessità di una sua rivisitazione critica. Infatti, sebbene alcune modifiche nel tempo siano state apportate, è evidente che è l’impianto ad essere particolarmente datato.
Il tributo nasce sulla base del fatto che le operazioni assicurative – del resto come quelle bancarie – sono esenti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (articolo 10 del Dpr 633/72). Ciò si spiega appunto col fatto che sono gravate dalla specifica imposta assicurativa, così come per le banche vi è l’imposta sostitutiva sui finanziamenti. L’imposta è esclusa laddove la compagnia assicurativa faccia da riassicuratore attivo. Ciò in quanto, in tali casi, l’imposta è dovuta in capo all’impresa assicurativa cedente (articolo 3) che, per ridurre il proprio rischio, decide di cederlo ad un riassicuratore. È evidente quindi che questo meccanismo deve prevedere che non si verifichino fenomeni di doppia imposizione e che debba essere salvaguardato anche in caso di restyling. Nel tempo il legislatore si è preoccupato di apportare alcune modifiche nel corpus normativo. Un esempio è dato dalla struttura dell’articolo 4-bis che disciplina la fattispecie delle imprese che operano in libera prestazione di servizi. Qui notiamo infatti che accanto alla figura classica del rappresentante fiscale da alcuni anni è stata introdotta la previsione delle imprese assicurative europee che operino direttamente in Italia, senza avvalersi di intermediari. E anche questa è una previsione destinata a permanere.
Tuttavia l’intero articolo 5 che riguarda i registri da tenersi da parte delle compagnie assicurative è tarato sul classico caso delle compagnie italiane o di quelle estere che operano con strutture societarie italiane. Poiché, a differenza degli anni 60, attualmente è sempre più diffusa la casistica di branch assicurative da parte di compagnie estere, potrebbe essere opportuno chiarire e ribadire sul piano normativo anche gli adempimenti di questi soggetti, per i quali si registra sempre un’enorme confusione.
Altro aspetto che sicuramente andrebbe rivisto è quello delle sanzioni (articolo 24) tarate su vecchie misure e che in molti casi ancora prevedono delle sanzioni eccessivamente penalizzanti, oscillando dal 200 per cento al 400 per cento. Ciò unitamente ai termini di accertamento (articolo 29) tarati su dieci anni in caso di mancata o infedele denuncia, che necessitano anch’essi di essere riformati ed allineati alle altre imposte.
Inoltre occorre considerare che l’impianto delle aliquota dell’imposta sulle assicurazioni è basato sugli allegati A, B e C che risalgono appunto a molti anni fa. Questo è in grado di generare molta confusione laddove in ambito assicurativo si considerano le classificazioni dei rami che sono stabilite dall’articolo 2 del Dlgs 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private). Ora è vero che siamo in presenza sostanzialmente di due ambiti differenti, perché la classificazione in rami del Cap segue una logica di requisiti autorizzativi e di vigilanza in funzione del livello del rischio, mentre la tariffa della legge del 1961 ha lo scopo di differenziare le aliquote in funzione della capacità contributiva manifestata dalla copertura dei singoli rischi. A ciò si deve aggiungere – evidentemente – il fatto che quando le aliquote fiscali sono state introdotte chiaramente non esisteva la classificazione di rischio che è ben successiva. Tuttavia nell’ottica di operare un restyling di questa imposta probabilmente si potrebbe cercare un allineamento anche fra classificazione dei rischi e aliquote applicabili, pur nel rispetto delle finalità differenti.
Peraltro la rivisitazione dell’imposta sulle assicurazioni potrebbe seguire una logica di mero aggiornamento e di restyling di un corpo normativo che per forza di cose è ormai obsoleto, senza toccare determinati cardini e senza farne derivare oneri di finanza pubblica, aspetto a cui il legislatore pare molto attento e vincolato.