Imposte

Imposta di registro, nei contratti di locazione la penale non è autonoma

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di Massimo Romeo

In caso di omesso o ritardato versamento dei canoni di locazione la previsione del pagamento di un interesse legale di mora non integra una clausola penale, non avendo obiettivamente una funzione rafforzativa del vincolo contrattuale e non essendo frutto di una ulteriore e particolare volontà pattizia andatasi ad aggiungere, per volontà discrezionale delle parti, ad una regolamentazione contrattuale già di per sé compiuta e autosufficiente. Lo scopo del contratto è quello dell’esatto, tempestivo e reciproco adempimento, rientrando nella fattispecie per cui l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione fiscalmente più onerosa. È uno dei principi che si ricava dalla sentenza 4690/07/2019 della Ctr Lombardia depositata il 22 novembre 2019 (presidente e relatore Currò).

Il caso
Una società di capitali impugnava un avviso di liquidazione emesso dall’agenzia delle Entrate che applicava l’imposta di registro in misura fissa (in base agli articoli 20 e 21, comma 1, del Dpr 131/86 e articolo 11 tariffa parte prima allegata) alla clausola, qualificata penale, inserita in un contratto di locazione ad uso abitativo con la quale veniva previsto che, in caso di mancato o ritardato pagamento, anche parziale, del corrispettivo o degli oneri accessori e delle spese a carico di parte conduttrice, quest’ultima era tenuta a corrispondere sulle somme dovute per il tempo del mancato o ritardato pagamento un interesse legale di mora, dal giorno della scadenza del pagamento. Veniva considerata l’applicazione di tale saggio di interessi di natura pattizia e con l’evidente finalità di fungere da penale per l’inadempimento o il ritardo in relazione alla prestazione relativa al pagamento dei canoni di locazione. Fra le varie argomentazioni la società ricorrente sottolineava che il principio dell’applicazione di interessi di mora per i ritardi nei pagamenti è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico con il Dlgs 231/2002, in attuazione della direttiva comunitaria 2000/35/Ce ed esteso anche ai rapporti tra parti non imprenditori commerciali con il Dl 132/2014 che ha modificato l’articolo 1284 del Codice civile. Faceva altresì presente che, ai sensi dell’articolo 21 Dpr 131/86 (unicità della tassazione), se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione, che da luogo alla imposizione più onerosa. La Ctp avallava la tesi erariale secondo cui la direttiva europea è relativa alla lotta contro i ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali e non riguarda i contratti di locazione nonché che la clausola in questione, essendo evidentemente il frutto di una ulteriore e particolare volontà pattizia andatasi, per scelta discrezionale delle parti, ad aggiungere a una regolamentazione contrattuale già di per sé compiuta e autosufficiente, non poteva considerarsi rispondente all’univoco criterio che informa il regime , evocato dalla ricorrente, della sopracitata tassazione unica; calzante alla fattispecie, secondo i primi giudici, l’assoggettamento della clausola al regime delineato dal successivo articolo 27, comma 1 (regime sospensivo) essendo condizionata la sua operatività all’avveramento dell’omesso o ritardato adempimento.

La riforma
Di diverso avviso la Ctr che non condivide l’opzione ermeneutica seguita dai giudici di primo grado. Nel caso di specie la previsione contrattuale che , nel caso di omesso o ritardato versamento dei canoni della locazione, stabiliva il pagamento di un interesse legale di mora, non integra una clausola penale, non avendo obiettivamente una funzione rafforzativa del vincolo contrattuale e non essendo frutto di una ulteriore e particolare volontà pattizia andatasi ad aggiungere, per volontà discrezionale delle parti, ad una regolamentazione contrattuale già di per sé compiuta e autosufficiente. Più che di una clausola, chiosa il Collegio, si tratta della specificazione, dettata dall’ius superveniens citato in premessa, di qualcosa di connaturato al contratto, di genetico, in quanto la maturazione degli interessi legali, che si sarebbe verificata indipendentemente dalla esplicitazione, discende da tale diritto sopravvenuto esteso non soltanto ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali anche ai rapporti nei quali le parti non sono imprenditori commerciali. Tale clausola non è contingente o frutto di una autonoma determinazione pattizia ma si sostanzia nella volontà di conseguire lo scopo avuto di mira dal contratto, che è quello dell’esatto, tempestivo e reciproco adempimento; pertanto, conclude la Ctp, la fattispecie de quo non può che rientrare tra quelle all’articolo 21, comma 2, del Tur, ai sensi del quale, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione fiscalmente più onerosa.

Ctr Lombardia, sentenza 4690/07/2019

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