Imposte

Imposta di soggiorno, peculato per l’albergatore che non la versa al Comune

di Saverio Fossati

Non è truffa ma peculato il reato che commette l’albergatore che trattiene per sé l’imposta di soggiorno, invece di versarla al Comune. Il chiarimento arriva dalla Cassazione con la sentenza 6130 della VI sezione penale, depositata ieri , che ha respinto (senza rinvio) il ricorso dell’albergatore e ha confermato la condanna per la violazione degli articoli 110 e 314 del Codice penale, cioè per peculato (punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi) e non per truffa (reclusione da uno a cinque anni e multa da 309 a 1.549 euro, cioè una pena assai meno severa).
Il reato era stato commesso (in concorso con il direttore) dall’Ad della società proprietaria di un hotel milanese: erano spariti 47.856 euro di imposta di soggiorno incassata dai clienti in soli 5 mesi (da settembre 2012 a febbraio 2013).
Il Tribunale e la Corte d’appello avevano qualificato il reato come peculato perché i due soggetti non erano estranei alla pubblica amministrazione, nel loro ruolo di “esattori” dell’imposta di soggiorno (che infatti viene versata in albergo dai clienti). La Cassazione ricorda infatti che la stessa suprema Corte aveva già qualificato comportamenti analoghi come peculato (sentenze 53467/2017 e 32058/2018): le disposizioni del regolamento comunale, in base alle quali il funzionario che ha rilevato il mancato versamento dell’imposta di soggiorno ha comunicato alla magistratura la violazione, «trovano la loro base normativa in una espressa norma di legge volta a disciplinare gli aspetti essenziali del tributo», quindi, dato che «l’incaricato o responsabile della riscossione del tributo svolge un’attività ausiliaria nei confronti dell’ente impositore ed oggettivamente strumentale rispetto all’obbligazione tributaria», il coinvolgimento del gestore dell’attività alberghiera incassa le somme «nell’ambito di un rapporto completamente avulso dal rapporto tributario, sebbene ad esso funzionalmente orientato e correlato». Quindi, prosegue la Cassazione, il gestore della struttura incaricato della riscossione dell’imposta è a tutti gli effetti «un incaricato di pubblico servizio, anche in assenza di un preventivo, specifico incarico da parte della pubblica amministrazione» con l’ovvia conseguenza che il reato commesso sottraendo l’’imposta riscossa è peculato e non truffa (che è punita assai meno severamente).

Cassazione, sentenza 6130/2019

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