Il CommentoImposte

Imposte sugli atti, il negozio è unico

L’ufficio non può più intravedere in singole clausole vere e proprie autonome disposizioni tassabili

di Enrico De Mita

La corretta applicazione dell’articolo 20 del Testo unico dell’imposta di registro ha assunto significativa centralità nel contenzioso tributario, come dimostrano i repertori della giurisprudenza di merito e di legittimità e gli stessi atti della prassi amministrativa (da ultimo Entrate 17 settembre 2020, risposta n. 371 a interpello).

Le modifiche normative, di cui è stato oggetto, hanno amplificato il contenzioso, vista la posizione assunta dagli uffici, in alcuni casi spintisi a scovare “disposizioni” tassabili anche in mere clausole prive di alcuna rilevanza ai fini dell'imposta di registro (pensiamo al contenzioso sulla clausola penale nei contratti di locazione, qualificata dagli uffici come “condizione sospensiva” per sostenerne una tassazione fissa anticipata, attingendo ad una futura eventuale evoluzione extra-testuale dei rapporti tra le parti).

Dovrebbe essere definitivamente acquisito, dopo la sentenza della Corte costituzionale 158/2020, che, ai fini dell’imposta di registro, la tassazione deve avvenire in base ai soli effetti giuridici prodotti dall'atto sottoposto a registrazione.

Nell'interpretare l'atto presentato a registrazione si deve prescindere dagli elementi « extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi ».

Avevo già evidenziato che l'intervento della Corte costituzionale, nel restituire ampia dignità alla riserva di legge nel diritto tributario, è destinata ad avere un forte impatto sul contenzioso in essere, facendo necessariamente cadere tutte le contestazioni fondate sulla presunta concatenazione obiettiva di atti ante 1° gennaio 2016.

La risposta dell’Agenzia, questa volta necessariamente adesiva ai principi fissati dalla Corte costituzionale, è pervenuta con il recente atto di prassi amministrativa.

L’amministrazione finanziaria (Af) è consapevole che « le regole da applicare per la corretta tassazione degli atti presentati per la registrazione sono desumibili innanzitutto dalle previsioni dell’articolo 20 ». Quindi la tassazione da riservare al singolo atto presentato per la registrazione, prescinde da elementi interpretativi esterni allo stesso, (ad esempio i comportamenti assunti dalle parti), nonché disposizioni contenute in altri negozi giuridici collegati con quello da registrare. Devono ritenersi superate tutte le interpretazioni “prospettiche” - come le definisce la stessa agenzia delle Entrate - dell’articolo 20 Tur.

Pare superflua la precisazione dell’Af che, in ogni caso, non è assorbita l’analisi delle operazioni collegate al singolo atto nell'ambito della disciplina dell'abuso del diritto di cui all’articolo 10-bis, della legge 212/00.

La Corte lascia impregiudicato ogni potere di controllo dell’Af a identificare un diverso censurabile disegno abusivo.

Ma tale ultima norma, come emerso anche dalla sentenza 158/20, deve essere applicata con le garanzie ivi previste: l’Af non può operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale.

A chiusura dei contributi sulla fondamentale sentenza 158/20, nella prospettiva dei contenziosi aperti e da chiudere e dei futuri evitabili, può apprezzarsi la posizione conclusiva assunta dall’agenzia delle Entrate, in evidente sintonia, anche sul piano amministrativo, con le statuizioni e gli indirizzi della Consulta.

La capacità contributiva dell’imposta di registro è la ricchezza corrispondente al contenuto patrimoniale di un atto giuridico.

Gli effetti giuridici tassabili (traslativi o dichiarativi) dell'atto, presentato alla registrazione, devono essere individuati in base al contenuto e alle disposizioni di esso, secondo la tipizzazione stabilita dalle voci indicate nella tariffa allegata al testo unico, senza che possano essere svolte indagini circa effetti ulteriori, salvo che ciò sia espressamente stabilito dalla stessa disciplina del testo unico.

Gli atti devono essere tassati secondo il loro preciso significato giuridico: per esemplificare, la cessione di un fabbricato, anche se pericolante, non è riqualificabile in cessione di area fabbricabile. La (pretesa) clausola penale contenuta in un contratto di locazione (per pagamento di interessi moratori e ritardata consegna di un immobile) non è qualificabile come disposizione astrattamente tassabile né come condizione sospensiva dell’atto. Un’operazione di cessione di quote sociali preceduta dal conferimento del ramo d'azienda, non può essere tassata alla stregua di una cessione d’azienda unitaria.

In definitiva, ai fini della tassazione di registro, l'Ufficio non può più né frammentare liberamente un negozio unitario intravvedendo in singole “clausole”, in irrilevanti ex articolo 20 Tur, vere e proprie autonome “disposizioni tassabili” ai fini dell'imposta di registro (si veda sopra l'esempio della clausola penale riportata ad una condizione sospensiva ex articolo 27 Tur).

Né, altra parte, può più rileggere unitariamente distinti negozi riqualificandoli come unitaria operazione.