Il CommentoImposte

Imposte sui dividendi: i fondi esteri restano discriminati

di Maurizio Leo

Con alcune sentenze appena pubblicate (21454, 21475, 21480, 21481, 21482 e 21598) la Cassazione ha affermato importanti principi in materia di tassazione degli organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) esteri, idonei a estendersi ben oltre le vicende ivi trattate.

I giudizi traevano origine da istanze di rimborso presentate da alcuni fondi extra-Ue (nella specie Usa) e comunitari (per esempio un fondo tedesco), i quali lamentavano un trattamento impositivo deteriore sui dividendi loro distribuiti da società residenti in Italia, rispetto a quello destinato ai fondi italiani in periodi d’imposta ante 2010.

La Suprema corte ha accolto le loro doglianze e riconosciuto il diritto al rimborso, ritenendo il trattamento discriminatorio a essi riservato una palese violazione del principio di libera circolazione dei capitali di cui all’articolo 63 Tfue. E ciò, anche con riguardo al caso di fondi extra-Ue, tenuto conto della costante giurisprudenza comunitaria (su tutte, si veda la decisione emerging markets) e del condivisibile principio secondo cui un regime fiscale meno favorevole è idoneo a dissuadere i fondi esteri dall’assumere partecipazioni in società comunitarie e viceversa.

Il tema della discriminazione dei fondi esteri rispetto a quelli nazionali è noto e non costituisce di certo una specificità del nostro ordinamento, come dimostrano le molteplici sentenze comunitarie in materia. Ciò è stato pure oggetto di un’indagine della Commissione Ue, nell’ambito dell’Eu Pilot 8105/15 che ha anche condotto il nostro legislatore ad allineare, dal 1° gennaio 2021, il trattamento fiscale dei dividendi distribuiti a Oicr istituiti nell’Ue a quello previsto per i fondi residenti in Italia, in termini di esenzione. A tale intervento, contenuto nella legge di Bilancio 2021, è dato ampio spazio nell’iter argomentativo che ha condotto la Cassazione a sancire la discriminazione tra fondi esteri e nazionali.

Eppure, proprio le pronunce in rassegna denotano le criticità di quest’ultima disciplina, la quale ha affrontato e risolto il tema della discriminazione in modo solo parziale, sia dal punto di vista temporale, che territoriale. Infatti, la legge di Bilancio 2021 riferisce l’esenzione ai soli dividendi distribuiti da quest’ultimo anno (così anche la risposta ad interpello 327/2021) a Oicr comunitari, con ciò ponendosi in contrasto - in relazione a entrambe le suddette limitazioni - con la commentata giurisprudenza di legittimità, a sua volta interpretativa del diritto Ue.

Sul piano territoriale, infatti, le sentenze in parola qualificano, alla stregua di violazione dell’articolo 63 Tfue, ogni discriminazione dei fondi esteri (rispetto a quelli nazionali), sia quelli istituiti nel territorio Ue, che fuori da esso.

Parimenti, sul piano temporale, il divieto di discriminazione parrebbe doversi estendere a ogni passata normativa idonea a prevedere un simile trattamento rispetto agli Oicr residenti, come noto destinatari di un regime di esenzione sin dal 1° luglio 2011.

Proprio sul tema della compatibilità con il diritto Ue della mancata efficacia retroattiva della legge di Bilancio 2021, che pure era intesa a rimuovere profili di discriminazione e violazione dell’articolo 63 Tfue, si ricorda il precedente relativo ai dividendi di fonte italiana distribuiti a società/enti residenti in altri Stati Ue (fuori dal regime della direttiva madre-figlia).

Con la Finanziaria 2008 era stato equiparato il regime impositivo dei dividendi di fonte italiana tra soggetti residenti (beneficiari del regime Pex e, dunque, di un livello impositivo attualmente pari all’1,2%) e soggetti Ue, prima di allora destinatari di una più gravosa ritenuta in uscita (ordinaria o convenzionale, se più favorevole). Anche in quel caso era stata prevista - così come nella legge di Bilancio 2021 - l’equiparazione solo dal futuro, ma, previa condanna del nostro Paese in sede comunitaria, l’Amministrazione finanziaria (circolare 32/E/2011) ha dovuto riconoscere la portata retroattiva del divieto di discriminazione delle società/enti Ue.

Ebbene, non si vuole che quanto accaduto in passato possa ripetersi con riferimento alla discriminazione dei fondi extra-Ue, nonché di quelli comunitari, quantomeno in relazione ai dividendi di fonte italiana ante-2021, come accadrebbe, invece, se si perseverasse in una applicazione normativa che - secondo gli “arresti” giurisprudenziali qui esaminati - potrebbe porsi in contrasto con l’articolo 63 Tfue e il principio di libera circolazione ivi previsto. In assenza di un intervento correttivo di portata legislativa, va ritenuta comunque necessaria un’applicazione della legge di Bilancio 2021 conforme al suddetto principio, onde evitare un trattamento deteriore dei fondi esteri, nessuno escluso, rispetto a quelli nazionali in relazione ai dividendi di fonte italiana. E ciò, pure con riguardo a distribuzioni ante-2021.

L’auspicio è che i principi desumibili dalla commentata giurisprudenza di legittimità possano sin da subito orientare le condotte dell’Amministrazione finanziaria, rispetto sia ai contenziosi in essere, che all’istruttoria sulle istanze di rimborso future o già presentate. Si eviterebbe il protrarsi di una ingiustificata conflittualità e il rischio di una (nuova) condanna in sede Ue.