Adempimenti

Impresa agricola, indeducibili i contributi versati dal titolare per i familiari non a carico

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di Gian Paolo Tosoni

I contributi previdenziali versati dal titolare della impresa diretto coltivatrice nell’interesse di familiari non a carico, non sono deducibili mancando nella fattispecie l’istituto della rivalsa. Lo ha confermato l’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 248 ad un interpello, pubblicata ieri.
Ricordiamo che l’articolo 10, lettera e) del Tuir dispone la deducibilità dal reddito complessivo dei contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge; il comma 2 del medesimo articolo 10 prevede che i predetti oneri sono deducibili ancorché siano pagati nell’interesse di persone a carico. Il problema si pone quado i familiari della impresa coltivatrice non sono persone a carico del titolare, ma è sempre quest’ultimo obbligato al versamento dei contributi per l’intero nucleo familiare, alla gestione previdenziale agricola.

La richiesta era formulata sulla base della procedura prevista per i commercianti ed artigiani per i quali la legge 2 agosto 1990, n. 233 ha previsto il diritto di rivalsa. Cioè il titolare della impresa artigiana o di commercianti, che paga i contributi per moglie e figlio, che siano collaboratori, ma poi esercita il diritto ad ottenere il rimborso, se i familiari documentano con una ricevuta l’avvenuto pagamento della loro quota di contributo possono dedurre ai fini Irpef le somme dal reddito complessivo.

Tuttavia una norma di legge che prevede il diritto di rivalsa nei confronti dei collaboratori non esiste per la previdenza agricola e quindi la possibilità di dedurre i contributi previdenziali pagati dal titolare della impresa è insussistente. Quindi il titolare della impresa agricola che versa all’Inps i contributi anche per i collaboratori della impresa coltivatrice, può dedurre soltanto la quota di sua competenza ed eventualmente quella dei familiari fiscalmente a carico, mentre quella corrispondente ai familiari non carico non è deducibile.
L’agenzia delle Entrate ha già avuto modo di affermare tale principio nelle circolari n. 137/1997, n, 50/2001, n.15/2005 e n. 7/2018. Per ragioni di giustizia dovrebbe metterci mano il legislatore.

Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 248/2019

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