Imposte

Impresa sociale, nodo esenzione Iva per l’attività socio-sanitaria

Spazi per il beneficio pur non essendo Ets di natura non commerciale. Vanno considerate le attività di interesse sociale che svolgono i destinatari

Attività socio-sanitaria soggetta ad Iva se svolta dall'impresa sociale. Un orientamento questo ormai consolidato nei documenti di prassi dell’agenzia delle Entrate (risposte 388 e 475 del 2021) e che di fatto porta le tante realtà che si apprestano ad accedere al Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), nella posizione di dover fare delle scelte. Il tema infatti è legato alle modifiche introdotte dal Dlgs 117/2017 (Cts) che vede sostituire la parola Onlus presente nell’articolo 10, comma 1, numero 27 ter del Dpr 633/1972 con quella di «ente del Terzo settore con commerciale».

Un richiamo quello agli enti che rispettano i parametri previsti dall’articolo 79 del Cts che di fatto, secondo l’impostazione delle Entrate, tende ad escludere dal regime di esenzione Iva gli enti che decidono di iscriversi nel Runts come impresa sociale. Impostazione che muove dal presupposto secondo cui non si ritiene soddisfatto il requisito soggettivo previsto dalla norma, in quanto l’impresa sociale è per definizione un ente di natura commerciale. Un orientamento quello delle Entrate che però che non tiene conto del fatto che la norma sotto il profilo soggettivo consente che le prestazioni socio-assistenziali connesse all’assistenza e alla previdenza sociale o fornite in favore di determinate categorie di soggetti fragili possano non solo essere erogate dalle Onlus («enti del Terzo settore di natura non commerciale») ma anche da enti di diritto pubblico o altri organismi riconosciuti dallo Stato come aventi carattere sociale.

E proprio con riferimento a questa ultima categoria che vi potrebbero essere delle aperture in grado di consentire alle imprese sociali di poter beneficiare comunque dell’esenzione Iva pur non essendo un Ets di natura non commerciale. Un’ipotesi questa esclusa però dalle Entrate (risposta 475/2021) che tuttavia non tiene conto del fatto che ai fini dell’assegnazione o meno del regime non deve essere valutata la sola natura non commerciale dell’ente ma anche l’attività in concreto svolta:. Un requisito diverso ed ulteriore (espressamente richiamato dall’articolo 10, comma 1, numero 27 ter) che dovrebbe essere valutato nel caso concreto e ancor più se si tiene conto dell’orientamento della Corte di giustizia (sentenza 26 maggio 2005, causa C-498/03).

Un indirizzo questo che fa rientrare nella categoria degli «enti aventi carattere di assistenza sociale» anche quelli che perseguono finalità di lucro. Se prima della Riforma del Terzo settore, infatti, non era chiaro quali fossero gli enti aventi finalità di assistenza sociale con il Cts le cose cambiano. E per comprendere se un ente possa rientrare tra quelli aventi finalità di assistenza sociale vanno considerate le attività di interesse generale che svolgono i destinatari dell’esenzione ai fini Iva. Il Cts, infatti, consente agli Ets di poter svolgere le prestazioni socio-sanitarie di cui al Dpcm 14 febbraio 2001 e quelle socio-assistenziale. Pertanto un’impresa sociale che svolga prestazioni di tal genere, rientra sicuramente nell’alveo di ente avente finalità di assistenza sociale, con il conseguente regime di esenzione Iva, pur non rispettando il requisito della natura di ente non commerciale. Quest’ultima qualificazione non deve essere confusa con quella di ente non lucrativo, che pone come unica condizione il divieto di distribuzione degli utili, e che può benissimo essere di natura commerciale.

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