Imposte

Esenzione Imu per le case dei coniugi, linea dura dei giudici

Per chi non è separato occorre procare l'esigenza delle due abitazioni

di Laura Ambrosi

Niente esenzione Imu per i coniugi non legalmente separati che abbiano la residenza in due differenti Comuni: l’abitazione principale, infatti, è la sede del nucleo familiare, considerato rispetto alla totalità dei propri componenti. Ad affermarlo è la Cassazione con l’ordinanza n. 1199 depositata ieri.

La vicenda trae origine dalla nota questione della doppia residenza in due diversi comuni dei coniugi non legalmente separati. In particolare, un ente locale notificava a un contribuente un accertamento Imu con il quale disconosceva l’esenzione dell’abitazione principale perché pur non essendo legalmente separati, i coniugi avevano la residenza e la dimora abituale in comuni differenti. Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario che, per entrambi i gradi di merito, confermava le ragioni del contribuente.

Il Comune ricorreva in Cassazione lamentando un’errata applicazione della norma perché l’agevolazione doveva escludersi ai coniugi non legalmente separati pur se residenti in diversi immobili. Inoltre, l’ente locale aveva dimostrato ridotti consumi delle relative utenze di gas ed energia elettrica nell’immobile oggetto di controllo.

La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha anzitutto rilevato che l’esenzione Imu per la casa principale richiede non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente in tale immobile, ma anche che vi risiedano anagraficamente (Cassazione 4166/20). La giurisprudenza di legittimità ha affermato che il nucleo familiare è unico ed autonomo rispetto ai suoi singoli componenti, con la conseguenza che il contribuente non ha diritto all’agevolazione per l’immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale) che non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari. In tale ipotesi, infatti, non si realizza «in quel luogo» il presupposto della abitazione principale del suo nucleo familiare.

La nozione di abitazione principale, infatti, presuppone l’unicità dell’immobile e richiede la stabile dimora del possessore e del suo nucleo familiare (Cassazione 17408/21). La Cassazione ha così precisato che l’abitazione principale è solo quella ove il proprietario e la sua famiglia abbiano fissato: 1) la residenza, accertabile tramite i registri dell’anagrafe; 2) la dimora abituale, ossia il luogo dove la famiglia abita per la maggior parte dell’anno.

La sentenza ha poi escluso la correttezza dell’interpretazione contenuta nella circolare del Mef 3/DF del 2012, secondo la quale va riconosciuta l’esenzione anche per gli immobili destinati ad abitazione principale dei coniugi non legalmente separati ma residenti in comuni diversi, ad esempio per esigenze lavorative. Sul punto, la decisione ha rilevato che in materia tributaria una circolare non costituisce fonte di diritti ed obblighi, non comportando alcun vincolo nemmeno per l’amministrazione.

In ogni caso, comunque, pur considerando tale interpretazione, nella specie, il contribuente non aveva provato l’effettiva necessità di trasferimento del coniuge.

La decisione è importante poiché si tratta di una contestazione particolarmente frequente. Traendo spunto dai principi affermati, quindi sembrerebbe escludersi la possibilità per due coniugi residenti in diversi comuni di beneficiare dell’esenzione, salvo provare in atti le esigenze di tale «separazione». Vale infine la pena ricordare come il Dl fisco lavoro (Dl 146/2021) dia ai coniugi con residenze disgiunte la possibilità di scegliere quale immobile far godere dell’esenzione.

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