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Imu dei coniugi, ravvedimento rimborsabile

In caso di versamento ordinario restituzione da chiedere entro cinque anni

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di Pasquale Mirto

La sentenza 209/2022 della Consulta con cui è stata riscritta la definizione di abitazione principale inizia a produrre i primi effetti, nel contenzioso ma anche nei rapporti tra contribuenti e Comuni, con continue richieste di informazioni sulle possibilità di rimborso nei più variegati casi.

Un’ipotesi che si sta rilevando frequente è quella in cui il contribuente, spontaneamente o su invito del Comune, ha effettuato il ravvedimento operoso. Si pone il dubbio se sia possibile chiedere il rimborso di quanto versato e non dovuto sulla base dell’arresto della Consulta. Sul punto si ritiene che il rimborso dell’imposta debba considerarsi dovuto (Cassazione 23177/2010), mentre incertezze vi sono in merito alle sanzioni (Cassazione 6108/2018), sebbene la sopravvenuta dichiarazione di illegittimità delle norme alla base del filone giurisprudenziale di legittimità che ha innescato i recuperi da parte dei Comuni, o i versamenti tramite ravvedimento operoso, giustificherebbe appieno la restituzione delle sanzioni.

Nessun dubbio c’è sulla legittimità del rimborso di un versamento ordinario, da chiedersi a pena di decadenza entro cinque anni dal versamento.

Sul contenzioso pendente, la soluzione già seguita dalla Ctp di Modena (sentenza 418/2022 del 21 ottobre) appare la più corretta, con accoglimento del ricorso del contribuente e compensazione delle spese di lite. Alla stessa soluzione si arriva (più velocemente) anche attraverso l’annullamento degli atti impugnati dal Comune e il deposito di un’istanza di estinzione del giudizio, con compensazione delle spese giustificata dal modificato quadro normativo conseguente alla sentenza.

Sugli accertamenti divenuti definitivi per mancata impugnazione, la decisione spetta al Comune: potrebbe annullare gli atti, in quanto il potere di annullamento in autotutela non può essere esercitato solo in presenza di una sentenza passata in giudicato nel merito (articolo 2, comma 2 del Dm 37/1997), ma si tratta di decisione discrezionale del Comune, e un eventuale diniego all’annullamento in autotutela non è atto autonomamente impugnabile (Corte Costituzionale 181/2017), come pure non è impugnabile un diniego di rimborso di quanto versato sulla base dell’accertamento definitivo (Cassazione, 4760/2009).

L’acconto Imu versato a giugno ma non dovuto in base alla nuova definizione di abitazione principale, può essere usato per non versare quanto dovuto per altri immobili, con la rata di saldo. Infatti il saldo è a «conguaglio dell'imposta dovuta per l'anno». Se il contribuente non ha altri immobili, occorre chiedere il rimborso.