Imposte

Imu dei coniugi con due case: no alla prova delle utenze presentata dal Comune solo in appello

Per la Cgt Toscana (sentenza 1330/1/2022), l’ente che ha inizialmente contestato la sola separazione delle residenze non può dimostrare in secondo grado che la dimora di un coniuge non era effettiva

di Dario Aquaro e Cristiano Dell'Oste

I coniugi con due abitazioni principali evitano l’Imu, e il Comune non può tentare di dimostrare fuori tempo massimo che la residenza in una delle due prime case era “fittizia”. Arriva dalla Corte di giustizia tributaria di II grado della Toscana una delle prime applicazioni della sentenza della Corte costituzionale 209/2022.

Con la pronuncia 1330/1/2022 del 21 novembre scorso, i giudici toscani hanno deciso a favore del contribuente il ricorso su due avvisi di accertamento per le annualità 2014 e 2015, notificati all’inizio del 2019 dal Comune di Camaiore. Il caso è un grande classico del contenzioso sull’Imu: marito con residenza e dimora in una città (a Camaiore, «per ragioni di salute e personali», si legge nella sentenza); e moglie residente in un’altra (Montecatini Terme, a poco più di 50 chilometri).

In primo grado, la Commissione tributaria provinciale di Lucca dà ragione al Comune, seguendo il filone giurisprudenziale secondo cui in presenza di coniugi con residenze e dimore divise non si ha diritto all’esenzione.

I giudici di secondo grado, invece, tengono conto della pronuncia della Corte costituzionale, che ha bocciato la norma istitutiva dell’Imu (articolo 13, comma 2, del Dl 201/2011), che penalizza la famiglia a discapito dei conviventi. E così danno ragione al contribuente, compensando le spese del giudizio.

L’aspetto interessante di questa pronuncia è che il Comune ha tentato di dimostrare – nel corso del giudizio d’appello – che in realtà nella casa di Camaiore il coniuge non aveva la dimora effettiva. Una situazione che avrebbe fatto venir meno il diritto all’esenzione anche seguendo il dettato della Corte costituzionale, perché non c’è dubbio che la residenza fittizia non evita mai il pagamento dell’Imu.

In sostanza, la difesa dell’ente locale ha tentato di ricalibrare la propria strategia processuale nel corso del giudizio.
Negli avvisi d’accertamento, infatti, il Comune si era «limitato a fondare il recupero impositivo sulla mera diversità della residenza della moglie», affermando – ma senza dimostrarlo – che il marito avesse dunque dimora nell’immobile di Montecatini piuttosto che in quello di Camaiore.

Solo dopo, al momento della costituzione nel secondo grado di giudizio, per tenere conto della pronuncia della Consulta, il Comune ha corretto il tiro e ha introdotto per la prima volta la questione dell’onere della prova: tentando di dimostrare che non c’era dimora effettiva nella casa di Camaiore e «allegando quelli che sarebbero stati i consumi delle utenze di acqua, luce e gas registrati nell’immobile in questione negli anni accertati».

I giudici toscani, però, non hanno ammesso le prove: «Sia le allegazioni in fatto che in diritto nonché le successive produzioni documentali sono da reputarsi tardive in quanto svolte inammissibilmente per la prima volta solo in grado di appello».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©