Imposte

Imu per le imprese, i Comuni vanno avanti sul rinvio

Da Ifel (Anci) la via (stretta) per consentire il rinvio anche per la quota statale

di Gianni Trovati

I Comuni possono mantenere la loro scelta di spostare la scadenza del 16 giugno anche per l’Imu statale, quella pagata dalle imprese sui loro immobili strumentali, dai centri commerciali e dagli alberghi nei tanti casi in cui non scatta l’esenzione prevista dal decreto anticrisi solo quando proprietario e gestore coincidono. Anche se in questo modo, naturalmente, si espongono al rischio di vedersi impugnare davanti al Tar la delibera da parte del ministero dell’Economia, che nella risoluzione 5/2020 ha escluso questa possibilità.

La tesi Ifel

L’indicazione arriva dall’Ifel, la Fondazione dell’Anci sulla finanza e l’economia locale, che con una nota pubblicata nel tardo pomeriggio di ieri scrive un nuovo capitolo nella querelle sull’imposta che si è scaldata in vista della scadenza di martedì 16 giugno. L’Ifel è un organismo tecnico, quindi ovviamente evita di ingaggiare una battaglia con il Mef e indica ai sindaci anche la possibilità di adeguarsi alle indicazioni di Via XX Settembre con un comunicato e con il restyling della delibera entro fine luglio (termine per l’approvazione dei bilanci comunali). Ma il pressing sui Comuni è a tutto campo: ieri Confedilizia ha lanciato un appello ai sindaci per una proroga generalizzata dell’acconto, e la stessa richiesta simile è stata avanzata dalla Consulta dei Caf che in una lettera spedita al ministero dell’Economia e all’Anci ha proposto di spostare tutto a dicembre o, in subordine, di cancellare per legge interessi e sanzioni per chi paga entro il 30 settembre.

L’appiglio nella legge di Bilancio

È proprio l’ipotesi che il governo aveva deciso di accantonare nell’ultimo decreto anticrisi, per non accendere le richieste ulteriori di fondi compensativi da parte dei Comuni (che sono comunque arrivate) e perché evidentemente nella complicata fase attuale anche le entrate dell’Imu statale sono preziose. La questione vale 1,7 miliardi, cioè oltre il 15% del gettito ipotetico dell’acconto Imu di giugno, e riguarda da vicino molte delle attività produttive più colpite dalle ricadute economiche della crisi sanitaria. Ma c’è, appunto, la riforma dell’Imu scritta nell’ultima legge di bilancio, che al comma 777 permette ai sindaci di prorogare i termini (fissati dalla legge nazionale) «per situazioni particolari» e tratta l’Imu come imposta unica, senza preoccuparsi di distinguere la quota comunale da quella erariale. L’Ifel, nelle istruzioni di due settimane fa, aveva consigliato un impiego selettivo di questa autonomia, riservando il rinvio alle categorie più colpite dalla crisi. Molti Comuni, nel silenzio del governo, avevano seguito quella strada. Ma poi il governo, a otto giorni dalla scadenza, ha parlato. E nella risoluzione 5/2020 delle Finanze ha negato la possibilità di intervenire sull’Imu dovuta allo Stato perché «per natura è interamente sottratta» al raggio d’azione dell’autonomia tributaria locale.

Resta però da capire come riuscirà ad adeguarsi a questo avvincente intreccio di regole una realtà che sul territorio vede molte imprese e famiglie in fortissime difficoltà economiche. Per loro la possibilità di presentarsi puntuali alla cassa prescinde dal dibattito in punta di diritto su poteri di proroga e moratorie. Ma possono contare su due alleati: le penalità alleggerite dal «ravvedimento lungo», esteso dall’ultimo decreto fiscale anche ai tributi locali, e lo Statuto del contribuente. Che è norma sempre trascurata, ma chiara nel bloccare le sanzioni quando a dominare il quadro sono «obiettive condizioni di incertezza della norma tributaria» (articolo 10 della legge 212/2000).

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